VERSO IL FUTURO E OLTRE

Il lavoro sull'orientamento che stiamo affrontando insieme parte così dalla conoscenza di noi stessi: chi sono io? E che cosa sarà di me?

Sulla base di questi interrogativi qualcuno ha provato ad immaginarsi in un futuro professionale, che non prescindesse da quanto vissuto finora e dalle inclinazioni emerse in questi anni.

Ecco alcune interviste.


....è cominciato tutto a tredici anni

 

“Sono Filippo R. e questa è la mia storia: è cominciato tutto a tredici anni e in quegli anni ho scoperto la mia passione: la chimica. I miei interessi erano legati a quella materia, mi chiedevo sempre come avesse fatto il mondo a crearsi dal nulla, il vuoto, vuoto totale, come il posto più importante della tavola periodica degli elementi, l'origine. Io dovevo riempirlo quel vuoto, quell'esplosione che ha riempito quel vuoto.

 

Così con la crescita è cresciuta anche la voglia di scoprire ciò che ha dato origine alla vita.

 

Poi verso i ventisei anni sono diventato un famoso chimico e proprio grazie alla scoperta della posizione degli elettroni ho vinto il mio primo Nobel. Dopo tre anni tutti i miei studi sono valsi a qualcosa, ho scoperto il punto vuoto e io lo ho riempito. Non è stato solo merito mio ma anche del mio amico Andrea Ori, che ho conosciuto all'asilo, poi alle elementari e poi alle medie nella stessa classe. Di quei tre anni mi ricordo eravamo vicini di banco e dalla prima lezione di chimica con la professoressa di matematica questa materia ci ha affascinati.

 

Poi alle superiori sempre insieme al Liceo delle Scienze Applicate. Poi all'università insieme e poi ora lavoriamo insieme.

 

Mi ricordo di altri miei amici che mi hanno augurato di riuscire a realizzare il mio sogno. Ma ringrazio in particolar modo: i miei genitori e la professoressa di matematica, perché loro prima di tutti hanno creduto in me e per questo gli sono grato”.

 

“Ci racconti qualcosa di loro”.

 

“Dei miei genitori vi dico che mi hanno sempre appoggiato: in terza media, ai colloqui con i professori per decidere che scuola fare, tutti sapevano cosa sarei andato a fare e la prof di matematica mi ha consigliato il liceo adatto a me. Se non fosse per loro non sarei qua. Poi importante è stata la professoressa di italiano che in terza media mi aveva fatto fare un tema sui miei sogni e io lì avevo scritto proprio il discorso che vi ho fatto oggi.

 

Guardate, lo sapevo che avrei vinto il Nobel per la scoperta di oggi.

 

Ringrazio tutti i miei amici, in particolare Andrea O. che oggi non è potuto venire perché sta già lavorando al nostro prossimo esperimento: la creazione di un universo nuovo dentro ad una bolla. Però questo Nobel è anche suo”.

 

 

 

Tratto dal memoriale di Filippo R.

 

data del discorso 30 Marzo 2029

 

anno di lettura di oggi 30 Marzo 3000

 

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Signor S.-mi disse un giornalista...

“Signor S.-mi disse un giornalista-ci racconti l’anno della sua carriera appena terminato, che l’ha visto terminare al primo posto e come è arrivato a farlo”. “Da piccolo, osservavo i grandi campioni giocare in televisione, così capii che la mia passione era giocare a tennis. Ho cominciato a giocare a tennis quando avevo otto anni in un centro sportivo della mia città, giocavo in estate con un gruppo ridotto di ragazzi e con un maestro di nome Claudio. Giocai in estate anche l’anno seguente e poi inizia a giocare anche in inverno e così feci per tutti gli anni seguenti fino a quando avevo sedici anni, quando andai a fare il mio primo torneo a Milano con altri ragazzi della mia età. Il vincitore del torneo sarebbe stato preso nel gruppo di uomini più forti, i primi mille della classifica mondiale e avrei iniziato a girare e fare tornei in tutto il mondo. Io vinsi quel torneo, mi trasferii a Roma, mi fu dato un allenatore personale, un massaggiatore e il preparatore atletici e grazie a questi, in due anni scalai la classifica e, vincendo tornei, finii la stagione come numero dodici del mondo e avevo solo diciotto anni! Poi a Novembre si svolgeva il torneo più importante di tutti, a Londra, purtroppo questo torneo è solo per i primi otto del mondo e quindi io potei solo guardarlo dalla tribuna. Ma, osservando lo spettacolo di quel torneo, promisi a me stesso che l’anno dopo avrei giocato quel torneo. Due mesi dopo ricominciava il ciclo di tornei, con il torneo in Australia, che vinsi, battendo in finale il numero uno del mondo. Nel mese successivo ottenni buoni risultati senza vittorie a Miami e Montreal, poi ci spostammo in Europa. Qui vinsi a Roma, Madrid, Barcellona, Nizza, Parigi e Londra e terminai numero tre. Poi vinsi a Chicago, Pechino, Mosca, New York e Washington, terminando numero due. Poi finalmente arrivò novembre e partecipai al torneo vincendolo e arrivando numero uno. Questo di sicuro è l’anno migliore della mia carriera, anche se deve ancora cominciare perché sono giovanissimo!”.

Luciano

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And at the first place, claim for oneself the lady

<<And at the first place, claim for oneself the lady … Sara Ubbiali!>>

Ecco, questo fu un fatto che mi cambiò la vita. Mi trovavo al Madison Square Garden a New York, ad una mostra canina. Ogni allevatore, a livello mondiale, portava con sé a gareggiare almeno 10 cani di razze diverse. Io portati u Golden Retriver color miele di nome Billy, un pastore tedesco di nome Moon, un Weimaraner color grigio perlato dagli occhi color ambra di nome Lilla, un Border Collie di nome Minù (la chiamai così in onore della mia prima cagnolina).

Poi avevo anche Scheggia (un Bovaro del bernese), Lampo (un Levriero afgano), Bonny (un Beagle), Doby (un Dobermann), Cindy (un Cavalier King Charles Spaniel) e come ultimo l’amato King: un alano tedesco alto più di un metro dal garrese.

Quando fu il momento delle premiazioni ero agitatissima, anche se sapevo di non avere vinto. Il primo posto avrebbe ricevuto in premio un viaggio in Polinesia Francese con i propri 10 cani e, in più, una fornitura di cibo per cani Trainer per i prossimi 20 anni!

Quando sentii pronunciare: “and at the first place, claim for oneself the lady … Sara Ubbiali!” non potevo crederci! Mi è sembrato di provare la stessa emozione che provai il 12 Novembre 2008, quando il cane che aspettavo da tanto, arrivò a casa di mia nonna.  E’ come se “non stessi più nella pelle”.   Andare in Polinesia è stato sempre il mio sogno fin da piccola, da quando mia zia mi aveva raccontato come fosse quell’isola.

Appena pronunciato il mio nome arrivarono telecamere, presentatori televisivi e fotografi….

Che imbarazzo! Non potevo ancora credere che erano tutti li per me.  Poco dopo arrivò anche il presidente degli Stati Uniti Obama e mi volle fare un’intervista.  Rimasi a bocca aperta… che onore!

“Good morning Mrs Ubbiali, now you are the champion of the word in speciallity of dogs’ show” Io gli dissi che non potevo ancora crederci di avere vinto e che ero felicissima di averlo conosciuto.

Poi Obama mi fece delle domande riguardanti il mio lavoro e le mie passioni. Mi chiese: “Questa passione ce la avevi fin da piccola?”.  Io risposi: “Si, è sempre stato il mio sogno allevare razze di cani a livello mondiale. Io per i cani ci metto l’anima… Da piccola ricordo che mi piaceva molto portare in giro la mia cagnolina Minù e farla giocare con me. Quando ero triste andavo da lei a consolarmi perché sapevo che era sempre pronta ad accettare coccole o a giocare con me. Con lei facevo molte gare di corsa o giocavo a prendi e riprendi o a nascondino, anche se vinceva sempre lei in perché era troppo veloce in confronto a me! Ci volevamo bene reciprocamente”.

Il Signor Obama successivamente mi chiese: “Ci metti tanto amore e impieghi tanto tempo ad allevare così tante razze di cani?”. Io gli risposi: “La mia vita è per i cani e mi sacrifico per coltivare il mio sogno. Mi alzo alle 5 del mattino per andare all’allevamento che dista 20 km da Cremona.  Quando arrivo do ad ogni cane un biscotto per colazione. I miei cani, diversamente dagli altri allevamenti, non sono in gabbia ma hanno a disposizione 300 metri quadri di territorio per razza. E’ per questo che, non essendo sempre soli in piccoli box, sanno comunicare tra loro e anche con il loro padrone.  A volte sembra che mi parlino. Ogni tanto gioco con loro e se, come i Border collie, hanno bisogno di allenamento e corse, gli creo degli ostacoli da saltare o organizzo gare di corsa con altri allevatori miei colleghi”.

Mi fece un’ultima domanda: “Come hai individuato il tuo talento?”  Gli risposi che il mio talento di allevatore lo ho individuato grazie ad una mia amica, Karina, che mi ha detto che sarei stata molto brava ad allevare i cani perché ci avrei messo l’amore e la passione che sono le due cose più importanti per diventare un eccellente allevatore”.

Un avvenimento che mi ha condizionato molto e mi ha fatto scoprire la mia vera passione è stato quando mia mamma mi regalò due cuccioli di Border Collie: Cocco e Stella. Da lì capii che sarebbe stato bello ascoltare Karina e quindi, farli prolificare e gareggiare a Dogs’ Show.  Da lì iniziò la mia avventura!”  Terminata l’intervista salutai tutti e partii per la Polinesia.

Chiamai mia mamma la quale mi disse che era molto fiera di me.
In Polinesia, nel dolce relax delle onde, mi venne in mente una frase che ripetevo spesso da piccola pensando a me e al  mio cane : il cane è il migliore amico dell’uomo se l’uomo è il migliore amico del cane!

 

 

Sara

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VERSO IL FUTURO E OLTRE!

<<Buonasera signorina, benvenuta nello show “Verso il futuro ed oltre”, l’unico programma che aiuta i ragazzi ad orientarsi nella vita e nelle scelte a cui essa chiama. Vogliamo sapere tutto sul suo lavoro, quindi, ci spieghi tutto quello che fa ora, come è arrivata al successo e come ha coltivato le sue passioni. A lei la parola…>>.

<<Dunque… Tutto è partito dalla scuola media, avevo undici anni quando ho scoperto di essere portata per le lingue. Ho avuto una professoressa molto brava, che motivava tutti a non fermarsi mai, che ci valorizzava. Con lei ho scoperto di essere brava nell’inglese. L’anno dopo si è introdotta anche un’altra lingua: lo spagnolo, anche quest’ultimo mi appassionava molto, mi metteva allegria e con il metodo della mia professoressa imparai velocemente. Durante l’ultimo anno di medie ho potenziato le mie conoscenze linguistiche e mi sono decisa a frequentare il liceo linguistico. Lì ho iniziato a parlare il cinese, una lingua bella quanto difficile, che da subito mi affascinò: il modo in cui si esprimeva, la scrittura in simboli… Avevo capito che nella mia vita avrei dovuto fare quello, le lingue erano il mio futuro e, sebbene ci siano stati degli ostacoli, non mi sono fermata ed ho raggiunto quello che volevo fare: sono diventata un’interprete internazionale. Nelle scelte per il mio futuro sono stata aiutata da tutte le persone che mi hanno circondato e sostenuto: i miei professori, la mia famiglia, i miei amici. Devo dire che la mia lingua preferita è sempre stata l’inglese, ascoltavo musica solo ed esclusivamente in quella lingua, ed ogni volta volevo capire al volo quello che dicevano le canzoni, senza dover sempre cercare il testo e il dizionario; anche questo fu una spinta in più. Dopo i cinque anni di università ho iniziato a fare la guida  nei musei per gli stranieri in visita e, man mano che andavo avanti, miglioravo di più e iniziai a fare l’interprete in programmi televisivi poco conosciuti per poi arrivare un anno dopo a lavorare in programmi famosi, anche in altri paesi; ho lavorato ad X-Factor Italia, X-Factor USA, alle Olimpiadi di Londra e a Sanremo, da cui sono stata ingaggiata anche per il prossimo anno. Fare ciò che piace, nella vita, è importante, ti fa scoprire lati sconosciuti delle tue passioni e ti spinge a dare il massimo per realizzare la tua vita. Il mio consiglio per i ragazzi in cerca del loro futuro è proprio questo: seguite il vostro cuore e fate ciò che vi piace, così troverete la vostra strada!>>.

<<Queste parole avranno sicuramente aiutato i nostri giovani indecisi, diciamo un enorme grazie a Carolina, noi ci rivedremo nella prossima puntata, con un personaggio che motiverà tutti i ragazzi che aspirano a diventare scienziati! Alla prossima puntata!>>.

Carolina

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Noi musicisti siamo la lava e lo strumento è la roccia

 

I- eccoci tornati a FmaousNews: il programma che intervista le persone più famose del mondo, e oggi intervisteremo: il musicista: “Damiano Lottici!”

 

Allora Damiano, qual'è il tuo lavoro?

 

 

 

D- Beh, come avete già detto sono un musicista, in particolare suono la tromba!

 

 

 

I- bene Damiano. Raccontaci come è nata la tua passione

 

 

 

D- ero in quarta elementare quando dissi a mia mamma che volevo suonare la tromba. Innanzi tutto non sapevo niente della tromba, ma quei bersaglieri che erano passati davanti a me mi avevano illuminato gli occhi

 

 

 

I- mmm... sembra che da li sia andato tutto a gonfie vele, o forse non è così?

 

 

 

D- Beh, non proprio, alla fine dell'ottavo anno di strumento la mia passione si era quasi spenta, facevo altre cose, avevo tutti i giorni l'allenamento, andavo in oratorio, e la mia tromba stava lì tra i mobili della mia camera a dormire tutto il giorno. Allora andai dal mio professore e gli parlai del mio problema, allora lui mi mostrò un video di un trombettista con cui al terzo e quarto avevo suonato e di cuoi mi ero dimenticato, Marco Pierobon, e vidi che i suoi occhi erano nella tromba e la facevano brillare mentre suonava “Theme for trumpete” di Mangani.

 

Allora io capii che non era finita e da lì continuai a suonare fino ad adesso.

 

 

 

I- fantastico! Ma ora ti faccio una domanda non molto inerente; hai mai pensato di creare un tuo strumento?

 

 

 

D- Ahahaha, si, una volta l'ho fatto, ma è venuto un disastro! Ho cercati di unire una cornamusa e una tromba, ma ho fatto un po' di pasticci e ho dovuto buttare i due strumenti. Anche se il suono non era male, ma comunque non aveva le possibilità per uguagliare uno strumento musicale.

 

 

 

I- molto divertente, ma voglio sapere un'altra cosa; come è suonare per te?

 

 

 

D- ah, questa si che è tosta! Bene, allora vi farò un paragone: sapete cos'è un vulcano?

 

Ecco, noi musicisti siamo la lava e lo strumento è la roccia. Lo strumento è il nostro buco di apertura e quando si suona si fa uscire la lava da esso ed è così che ci si sente, come un vulcano libero di eruttare e sporgere il suo segno dove vuole.

 

 

 

I- Ia questa si che è una gran cosa, sei proprio un mito Dami, ma ora dobbiamo salutarci, alla prossima su: FamousNews!

 

 

Damiano

 

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Wow! CHE BELLO HIP HOP!!

 

Salve, mi chiamo Giada Lanzanova e sono una famosa ballerina di Cremona.

Ogni mese vado a fare molti spettacoli in tutti i teatri d’Italia. La vita da ballerina è molto soda come un diamante, perché devi ricordarti un sacco di passi, balletti e devi seguire un’alimentazione adeguata, quindi non posso esagerare con la mia Nutella.

Vi state chiedendo, soprattutto voi giornalisti, come sono arrivata fin qui: è molto difficile, ma cercherò di ricordare. Tutto è iniziato quando avevo ancora cinque anni; io e mio papa accompagnavamo mia sorella a scuola di Danza, lo “Sporting Life”, e da lì è cambiata la mia vita. Mi piaceva vedere mia sorella, era proprio una vera ballerina, le dicevo sempre che doveva andare all’accademia. Intanto che la guardavo, dentro di me c’era qualcuno o qualcosa che stava nascendo, come un neonato che esce dalla pancia della mamma, e questa cosa misteriosa si chiama “PASSIONE”(ma questo l’ho scoperto più avanti). A sei anni, dopo varie faccine dolci e tenere per convincere mia mamma e mio papa, iniziai la scuola di ballo, sempre allo “Sporting Life”. Ero con un gruppettino di bambine che si chiamava “BABY DANCE”. Come insegnante avevo Rossana, ma tutti la chiamavano Ross: era brava ad insegnare, mi ha fatto scoprire dei passi di base. Io non avevo nessuna amica con cui potevo parlare, ma poi piano piano ho incontrato due persone speciali: Camilla Cabrini e Sara Zerbini. Dai sette ai diciannove anni ho fatto passi da gigante, ho sperimentato altri stili di danza, classico, moderno e Hip Hop. “Wow! CHE BELLO HIP HOP!!” Mi dicevano tutti che dovevo fare l’insegnate, anche il mio insegnate me lo diceva e gli brillavano pure gli occhi quando mi vedeva ballare. Vedevo dentro di me un futuro, non me lo diceva con la bocca ma con gli occhi.

A diciannove anni, dopo aver fatto il mio ultimo spettacolo, tutti i miei insegnanti mi fecero una sorpresa…….mi diedero una borsa di studio per la Scala di Milano. Ero contentissima, stupefatta, mi veniva anche da piangere, non ci volevo credere, la mia PASSIONE, che prima era un neonato, è diventata un adulto e raggiungere il suo sogno.

 

Ho trascorso cinque anni alla Scala e ho avuto grandi difficoltà, non era uguale alla mia vecchia scuola, dovevi lavorare di più, migliorare la tua apertura, la tua gamba doveva raggiungere i 360° e gli insegnanti erano più severi. Sono stati gli anni più duri della mia vita. Spesso sono stata tentata ad andarmene da quel posto, ma un giorno in TV c’era un film dal titolo “Billy Elliot”, spero che l conosciate tutti la storia. Va bè però vi dico una cosa: la sua insegnante di danza classica credeva in lui e ha fatto di tutto perché potesse entrare nell’accademia a Londra. Questa persona esiste nella realtà ed ha avuto delle difficoltà come me, e per questo non devo mai perdere la mia PASSIONE. Una sera abbiamo fatto un balletto insieme nel Lago dei Cigni, era bravissimo, lo ammiravo, volevo diventare come lui. Siamo diventati molto amici, ci sentiamo spesso.

Finiti gli anni di università, mi scelsero alcune compagnie di ballo, ma io rifiutai la loro proposta perché volevo aprire una scuola di danza qui a Cremona e non solo, con le mie amiche Camilla, Sara e Vittoria. Adesso sono famosa grazie alla mia costanza. Ho tre splendidi figli e con loro giriamo il mondo a fare lezione sui vari stili di danza, trasmettendo la passione e far capire loro di far uscire ciò che hanno nel cuore. “Quando sei sulle punte ti sembra di poter toccare il cielo con le dita”. Una frase che dico sempre alle mie alunne è “ LA DANZA E’ L’UNICO MOMENTO IN CUI DO SPAZIO ALLA MIA ANIMA……LA DANZA E’ SEMPLICEMENTE…….LA MIA VITA!!!!

Spero di essere stata molto precisa ed esauriente. Grazie per avermi fatto rivivere queste emozioni ed episodi della mia vita. GRAZIE MILLE!!!!

 

GIADA

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Continuerai su questa strada ?

 

Ieri la nostra squadra di calcio ha vinto una partita, due a zero, i goal sono venuti tutti nel secondo tempo da un giocatore sconosciuto del quale neanche i tifosi sapevano niente.

Il giorno dopo c’erano gli allenamenti che si fanno ogni giorno.

Appena finito l’ allenamento i fotografi e le fotocamere sono indirizzati su di me perché sono il nuovo giocatore che ha fatto ieri due goal.

I mie superiori mi portarono nella sala stampa dove i fotografi possono fare le interviste.

Il primo personaggio a farmi una domanda è uno di sky sport 24.

Lui mi ha chiesto: “Ti è piaciuto all’ inizio questo mestiere ?”A me questo sport da piccolo non entusiasmava ma comunque dovevo farlo perché mio padre era presidente della società calcistica e quindi mi obbligavano ad esercitarmi.

Dopo che sono andato molte volte all’ allenamento non avevo più voglia di giocare a calcio e non lo ho preso più seriamente, ma dovevo comunque esercitarmi sempre.

Appena finito questa intervista altri personaggi volevano farmi alcune domande.

Questa volta c’è uno della Premium che mi chiede :”Avevi altri obbiettivi nella vita ?” Quindi mi sono riattaccato all’inchiesta di prima.

A scuola da piccolo andavo anche bene e da grande volevo studiare scienze, ma come tutti i ragazzi e bambini di quell’età non avevo quasi mai voglia di andare a scuola, se ci volevo andare era perché volevo stare un po’ con i miei amici.

Alcuni giorni dopo aver finito la scuola i mie genitori mi portavano ancora all’allenamento di calcio. Ero andato all’allenamento e quel giorno mi sono divertito e ho fatto anche dei goal : da quel giorno non ho mai smesso crederci e ho continuato a migliorare finche non mi sono appassionato al calcio.

Dopo un po’ di anni sono diventato un grande giocatore ma il mondo non mi conosceva perché giocavo ancora nelle squadre piccole , comunque tante società calcistiche mi volevano nella loro rosa.

L’offerta più alta è stata quella del Milan.

Ormai ero grande e pensavo di essere abbastanza maturo da abitare in una grande città come Milano.

I mie genitori mi permessero di seguire il mio sogno che non avevo smesso mai di avere.

Finita anche questa intervista volli andare a casa, ero stanco morto, era tutto il giorno che ero nella sala stampa, dove mi chiedevano delle domande. Quindi decisi che potevano farmi ancora un intervista.

L’ultima persona è uno di Rai sport e mi chiese ”Continuerai su questa strada ?” Il mio obiettivo è cercare sempre di migliorare e di fare sempre il meglio e di obbedire al mio allenatore e cerco sempre di arrivare alla perfezione.

Grazie a questo talento sono diventato una delle star del calcio.

 

MARCO

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Fin da piccola desideravo un giorno di diventare una parrucchiera

 

“Come sei riuscita ad arrivare fin qui” ?

sono la parrucchiera di Lurdes, figlia di Ledy Gaga, lei ha uno stile molto diverso da quello della madre, è più raffinata, elegante e non troppo stravagante.

Fin da piccola desideravo un giorno di diventare una parrucchiera, ma non avrei mai pensato di esserlo di una persona famosa, a me bastava il mio negozietto!

Arrivata alla fine delle medie, non sapevo se prendere la strada che mi avrebbe portata a divenire parrucchiera o quella per insegnante. Ero molto indecisa, ma poi ho seguito quella che era la mia passione più grande, quindi sono andata all'Enaip. In quella scuola ho incontrato una ragazza che già conoscevo, si chiamava Aurora e sua mamma gestiva un salone di acconciature, e così qualche volta mi trovavo con Aurora a studiare, e andavamo in quel salone.

In questo modo quel lavoro mi ha appassionato ancora di più e l'ultimo anno di liceo sua mamma mi ha chiesto se volevo lavorare nel suo negozio, ero felicissima e ho accettato all'istante!

Ma dopo qualche anno mi sono fidanzata con un Americano. Mi è dispiaciuto molto lasciare tutto, e soprattutto il lavoro, perchè non sapevo se poi in America l'avrei trovato di nuovo.

Ma invece ho avuto molta fortuna perché dopo poco tempo che mi sono trasferita ho trovato un bellissimo lavoro: facevo acconciature ad alcune modelle, il salone si chiamava: “the beautifull in the people”, non potevo desiderare di meglio! Perché svolgevo il lavoro che desideravo e in più lo facevo per delle modelle, e a me sarebbe piaciuto diventare modella, anche se sapevo che non lo sarei mai potuta diventare... Ma con questo mestiere potevo vedere che si vestivano, che si truccavano e soprattutto che sfilavano! Ero veramente contenta! Ho fatto questo lavoro per circa cinque anni e ho migliorato molto le mie capacità, molti mi dicevano che ero diventata una parrucchiera perfetta! Un giorno mi chiamò una delle segretarie di Lurdes, non so come abbia fatto a contattarmi, ma soprattutto non sapevo cosa volesse. Alla fine, dopo molte domande che mi fece, mi chiese se volevo essere la parrucchiera personale di Lurdes; io non riuscivo a crederci,e le dissi che prima avrei voluto parlarle dal vivo, per chiarirmi meglio. Non sapevo se accettare o no, perché ero molto affezionata al mestiere che già facevo, e non mi sarebbe piaciuto lasciarlo.

Lurdes mi offri molti soldi in più di quelli che prendevo a lavorare per le modelle, ma a me non interessavano i soldi, io volevo solo essere felice a svolgere il mio lavoro, divertirmi metterci tutta la mia passione.

Così presi una decisione: avrei lavorato per Lurdes e quando ero libera sarei andata al “Beautifull in the people”. Non sapevo però se erano d'accordo, ma lo speravo tanto perché se no avrei dovuto rinunciare a qualcosa, ma per mia fortuna erano d'accordo.

Così ora ho una vita che non avrei mai pensato, meglio di così non sarebbe potuto andare, sono felice delle decisioni che ho preso e che mi hanno portata fin qui!”

 

LUCIA

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Il mio sogno, il mio futuro

 

La mia più grande passione è la danza, ho inseguito questa mia passione dall’età di tre anni; la danza per me è il più grande sogno e desiderio, l’ho sempre amata così tanto perché è una delle cose in cui mi sento forte e soprattutto orgogliosa di me. Infatti pur di non fare un passo o una mossa corretta sto una o più ore davanti allo specchio di camera mia per provarlo e riprovarlo, fino a che risulti perfetto.

Come dicevo, questa mia passione è nata quando avevo solo tre anni, quando vidi per la prima volta una scuola di danza e capii solo in quel momento che la mia “vocazione” sarebbe stata la danza. Dopo quell’anno feci un’interruzione ma ripresi subito all’età di sette anni in una nuova scuola.

Alla fine dell’anno la scuola si trasferì e siccome era troppo lontano il posto in cui si era trasferita, trovai una nuova scuola, la scuola adatta a me, dove imparare divertendosi. In quella scuola che tanto adoravo ho ballato sette anni, poi feci una audizione per un programma televisivo, mi presero e così iniziai a conoscere la fama; all’età quattordici anni, dopo aver finito il programma, mi hanno offerto di lavorare in una compagnia in Germania e a quella proposta accettai all’istante. Fu così che con spettacoli e performance riuscii a raggiungere la fama.

 

 

I miei obiettivi per il futuro sono: continuare a danzare e aspirare sempre di più alla fama, per far capire alle persone che la danza non è movimento, ma sono i sentimenti a cui ci fa pensare la musica e poi sta a noi tradurli con movimenti; questo è il mio motto per incoraggiarmi nei momenti più tristi che la passione della danza mi può dare.

Un giorno mi fecero un’intervista in cui mi chiesero cosa voleva dire per me ballare e cosa sentivo quando danzavo; davanti a queste domande rimasi un po’ perplessa, ma poi pensai alle lezioni di quella scuola che mi ha affascinato per sette anni, e riuscii a rispondere dicendo che per me ballare era come comunicare qualcosa che non si può dire con semplici parole, mentre alla seconda domanda risposi dicendo che io quando danzo mi sento un libro, un libro che racconta e spiega una storia, e che cerca in tutti i modi di far incuriosire il lettore, in modo da convincerlo a leggere tutti i libri di quell’autore che tanto lo ha appassionato la prima volta.

 

 

Sara

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...ma vorrei raccontarle soprattutto la mia storia

 

Salve, mi chiamo Amelia. Sono qui per farle un’intervista. Mi racconti un po’ la sua vita, la sua carriera, la sua esperienza sul set di “Yellow library “: il nuovo film “giallo” .”

Salve Amelia, la mia esperienza sul set è stata meravigliosa, ma vorrei raccontarle soprattutto la mia storia. Già da quando avevo quattro o cinque anni, mia mamma mi insegnava l’inglese, dato che fece il liceo linguistico. Non mi “istruiva” però come una maestra o una professoressa, ma come mamma nel vero senso della parola. Piano piano mi ha insegnato alcuni oggetti della casa con la pronuncia corretta, poi i numeri e i colori. Cominciai la prima elementare. Mia mamma continuava a insegnarmi, quindi ogni cosa che facevamo a scuola lo sapevo già. Io le sono veramente grata, perché mi ha aiutato molto a coltivare la mia passione. Alle medie avevo dei professori coscienti di ciò che insegnavano, non come alle scuola primaria dove alcuni si preparavano la sera prima alle undici. Alla scuola secondaria, la mia professoressa di inglese mi trattava come una figlia. Con la mia mamma ho messo i semi nella terra e li ho curati ogni giorno e sono spuntate le foglioline. Grazie alla Prof. Sono emerse delle piante altissime che si sono riempite di fiori e poi frutti. Non volevo (e non voglio) che appassiscano. Ho fatto il liceo linguistico. Un giorno della quinta superiore ho sentito Mario Biondi alla radio. Mi ha veramente colpito. Un italiano con una padronanza eccellente dell’inglese. Era( ed è) un binomio che non accade spesso. Ho frequentato dei corsi di canto (l’altra mia passione) per diventare come lui. Una mattina d’inverno avevo letto sul giornale di un concorso per giovani talenti. Avevo deciso di partecipare. Lo vinsi. Il premio era la possibilità di incidere un CD. Il mio CD aveva molto successo. Qualche casa discografica in America era venuta a sapere del mio successo quasi mondiale . Avevo scelto la più popolare ed importante. Si chiamava “Music in life” cioè “musica nella vita”. “Perché la vita senza la musica è vuota” mi disse il proprietario. Mi ha fatto fare tre tour e nu ho altri tre “in cantiere”. Le mie canzoni erano ( e sono ) in inglese, francese o spagnolo. Io adoro le lingue straniere. Infine eccomi sul set di uno dei più attesi film in tutto il mondo.” “Grazie Elena, a presto”.

 

Elena Sofia

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Io ho combattuto, cercato, scoperto

 

Oggi sono qui davanti a lei,che è attratto e incuriosito davanti alla mia vita;che è qualcosa di bello! E come lei cerca di cogliere i minimi particolari in me perché è alla ricerca dello stupore, anch’io da giovane ero alla ricerca della bellezza.

Da ragazza ogni giorno che passavo a scuola, era difficile, complesso ma meraviglioso; perché i professori, in terza media, mi spingevano sempre di più a prendere una via, e questo mi obbligava ad aprirmi ma anche a scoprirmi, che è la cosa più sconvolgente per un essere umano: vedere ciò che realmente uno ha nel cuore, ciò che sente e vive.

Le prime volte che dicevo ai miei genitori il mio sogno, loro dubitavano, erano perplessi, pensavano che non era per me un ferreo futuro. Io ho combattuto, cercato, scoperto e avevo deciso di seguire il mio sogno, la mia strada, la mia passione.

Ero abbastanza restia a dire in giro il mio desiderio perché ogni volta guardavo negli occhi una persona e lei dubitava di me e questo giudizio all’apparenza era come una freccia che mi colpiva il cuore. Io volevo diventare quello che sono ora : un’attrice e ballerina.

Questa voglia, questa passione è nata all’età di dodici anni; ero una ragazza che amava i film e mi divertivo ripetendone le battute, soprattutto quelle di un grande attore comico: Checco Zalone.

Sicuramente nella mia carriera mi sono impegnata e ho studiato molto, ma anche i professori mi hanno aiutato attraverso vari elementi e mi hanno portato a diventare Grande.

Secondo me l’obiettivo più grande della vita di ogni uomo è la felicità, che ognuno trova in tante cose, ma la vera felicità se la trovi non la lascerai mai più.

Spero che lei abbia colto e trovato in me ciò che cercava, spero che lei possa dire “che meraviglia”, “che cosa grande”; perché io vivo di speranza e in questa profonda intervista, io avevo un obiettivo: lasciare in lei un qualcosa che duri e persista.

Arrivederci a presto!

 

 

Vittoria

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La mia passione per la danza

 

La mia passione per la danza è nata, poiché fin da piccola ascoltavo tante canzoni e mi mettevo a ballare per tutto il salotto di casa. Quando iniziavo a ballare i miei genitori, mi dicevano sempre: “Bea sei proprio brava a ballare, dovresti iscriverti in una scuola di danza!”. Quindi all’età di sette anni ho deciso di andare ad iscrivermi. All’inizio ero un po’ indecisa, se andare ad iscrivermi o no, poi ci ho ripensato bene e ci sono andata. Avevo capito che se ero così brava come i miei genitori mi dicevano, potevo arrivare a diventare una ballerina professionista. La mia “carriera” da ballerina è iniziata facendo, danza moderna, mi piaceva molto perché entravo in sintonia con delle altre mie amiche e ci divertivamo insieme. Arrivate al giorno dello spettacolo ero un po’ in ansia poiché ero così piccola,era il mio primo spettacolo, all’idea di salire su un palco di un teatro,con duecento persone che ti guardano, anche se non ero da sola ma con il mio gruppo, ero agitata. Alla fine del mio primo balletto no vedevo l’ora che arrivasse il secondo, perché mi sono divertita tantissimo su quel palco. Alla fine lo spettacolo è stato un successo. L’anno seguente ho ricominciato a fare ciò che mi piaceva di più,ossia danza moderna, ma volevo provare anche un altro tipo di danza: l’ hip hop. Alla prima lezione,mi ricordo ancora, ero agitata perché avevo un nuovo insegnante che non conoscevo, però poi dopo ho visto che era molto simpatico. Io però sono andata avanti con la danza solo altri cinque anni, ma in seguito ho visto che quando facevo le solite lezioni non mi divertivo e non entravo più in sintonia con le mie compagne e iniziava a stancarmi. Per questo ho deciso di smettere. La decisione è stata dura ma sapevo anche che se non mi divertivo era inutile. Io a casa mia nella mia stanza quando ballo, immagino di essere davanti a quel pubblico di duecento persone. Perché la danza mi piace,è che non mi soddisfa più cosi tanto come prima. Pero un giorno ho ricevuto una lettera con su scritto che io avevo vinto una borsa di studio,appunto per la danza e allora ho potuto diventare una ballerina professionista. Per concludere vorrei ringraziare i miei genitori perché se non fosse stato per loro non avrei mai scoperto questa “passione” per la danza.

 

Beatrice

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Molti dicevano che la moda non era altro che dei pezzi di stoffa....

 

Che cosa ti ha portato al tuo amore per la moda?

Cosa altro ti piacerebbe fare?

Vorresti cambiare lavoro?

 

Fin da quando ero bambina, mi piaceva vestire, decorare, cucire, creare e guardare modelli altrui per ispirarmi.

Tutto iniziò come una vera passione un po' più tardi, quando avevo circa tredici anni; comprai una album con ragazze da vestire, pettinare e truccare, il mio sogno!

Mi era sempre piaciuto vestire, truccare e creare delle magnifiche acconciature con i capelli altrui, di cui tutti erano soddisfatti.

Adesso, mentre rivedo i miei lavori, scritti su un quadernino, li trovo semplici ma essenziali, molto spesso li uso per truccarmi, per abbinare i vestiti con gli accessori,ecc.

Molti dicevano che la moda non era altro che dei pezzi di stoffa.... invece no, la moda è un interpretazione di te su un altro aspetto, ogni stilista ha i suoi vestiti che non verranno mai copiati da un altro perché non fanno parte di lui.

La moda racconta sia momenti felici sia tristi, che alla fine, riguardi e ripensi alla tua vita e come si è modificata rendendo le idee sempre più varie.

In seguito, frequentai un liceo di moda e lavorai per Armani e Gucci circa dai diciotto ai ventuno anni.

Questo durò fino a circa ventidue anni, quando, ormai stufa, mi ero stancata di produrre cose altrui e non mie, scaturite dal mio cuore, di quello che ero.

Allora, io ed altre mie amiche, anche loro brave in questo settore ma sopratutto come modelle, mi aiutarono ad esporre i miei lavori su un blog e cominciai a venderne a” palate “: non avevo nemmeno il tempo di rifarli che già dovevo averne pronti una decina!

Spettacolare, vuol dire che a molta gente piace il mio modo di essere.

I vestiti che creavo erano stupendi, alcuni avevano la parte superiore come un body e sotto veniva applicata una gonna lunga o corta di seta, pizzo, velluto,ecc

Erano tutti diversi, alcuni davano un'aria principesca, altri erano eleganti e divertenti.

I miei lavori erano spesso decorati con: perle, disegni, ricami, ma sopratutto con nastri e fiocchi.

Tutto insieme dava un senso di rinnovo, rinascita e meraviglia.

Adesso, sono una stilista di grande successo, creo vestiti e nuove bozze per Armani e case di oda importanti.

Tutti sono soddisfatti del mio ritorno, la moda è meravigliosa, puoi esprimerti liberamente, non hai confini, ti contagia, ti trattiene a sé con la sua bellezza.

Nella mia vita ho avuto anche un altro desiderio di lavoro: diventare chef!

Già a tredici anni avevo cercato di riprodurre le torte che facevano in televisione, erano troppo belle!

Decorarle con la pasta di zucchero, glitter, fiocchi, panna,ecc.

Tutte riuscite alla grande! Mi piaceva proprio.

Mi piacerebbe davvero fare un corso di pasticceria, scoprire e imparare perchè è molto divertente e soddisfacente.

Infine ho avuto la possibilità di trovare un'altra grande passione: l'equitazione!

Sempre a tredici anni, io ed il mio cavallo Flash siamo diventati in assoluto e confermato:”pappa e ciccia “, abbiamo un legame speciale, ma l'idea di diventare un istruttore non mi appaga.

Non credo di voler cambiare lavoro, mi piacerebbe faro lo chef, ma non”rinchiusa “ per ore e ore in cucina.

La moda fino ad ora è un punto saldo, che devo mantenere ed a cui mi posso aggrappare nel bisogno.

 

 

Veronica

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Questa fu la prima domanda che mi sorprese, non sapevo cosa dire!

 

Da ragazzo sognavo di diventare ingegnere meccanico, e oggi mi ritrovo ad esserlo già” dissi alla giovane ragazza che mi pose la domanda:” Da quanto sognavi questo lavoro?”. Nella mia testa c’ erano molti pensieri, ma quello più frequente era” Come faccio a rispondere a tutta questa folla di giornalisti provenienti da tutto il mondo?”. Mentre pensavo questo, un giornalista iglese che spiccava tra la folla per la sua altezza, mi chiese;” Signor Robusti, come ha individuato il suo indubbio talento?” A questa domanda, che già in altri paesi mi avevano rivolto, io risposi:” Non so se da ragazzo avevo un talento, non ero un genio matematico, so solo che sognavo questo lavoro, ero appassionato di auto e che l’ avrei raggiunto impegnandomi!”. A quel punto vidi molti flash nel grande salone in cui mi trovavo e un boato di applausi incominciò, per finire un minuto dopo. Quando ci fu più calma, un giornalista tedesco, seguito dal suo cameramen, mi chiese:” Signore! Chi ti ha aiutato ad arrivare al tuo sogno?” Anche a questa domanda sapevo dare una risposta e dissi:” Fin da ragazzo mi hanno incitato a raggiungere il mio sogno, Primo fra tutti mio papà, che mi spronava regalandomi libri riguardanti le auto; anche i miei parenti mi sostenevano, da non dimenticare anche i miei professorii!” Finita la risposta vidi la sua faccia molto soddisfatta. Mentre pensavo alle possibili domande che mi avrebbero posto, una giornalista italiana in fondo al salone urlò;” Quali sono state le tue scoperte riguardanti il tuo lavoro?” Questa fu la prima domanda che mi sorprese, non sapevo cosa dire! Perfino la folla si ammutolì stupefatta. Iniziai balbettando per l’ incertezza, poi con più convinzione iniziai:” Ho iniziato a scoprire questi lavoro quando la mia passione per le auto si è rafforzata. Ho iniziato leggendo libri di autol, e costruendo macchinine di lego da mezzo euro; e adesso mi ritrovo qua a costruire macchine vere da mezzo milione di euro! Sono arrivato fin qua, al gradino più alto, non solo grazie alla mia speranza, ma anche grazie al mio impegno e studio. Dopo qualche secondo si alzò un boato di applausi, ringraziai e andai verso l’ uscita.

Marco

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Tutto, caro ragazzo, è incominciato alle elementari

 

Ieri, 21 Novembre 2035, ho tenuto una conferenza riguardante i nuovi studi della medicina, in particolare ricerche svolte da me, dottoressa Michela Farina, sul cervello e le sue malattie. Tra gli spettatori vidi giornalisti, medici, studenti della facoltà di medicina, ma la mia attenzione fu attirata da un gruppo di ragazzi di circa quattordici anni, e mi sono chiesta: “ Ma che cosa ci fanno dei ragazzi di quattordici anni ad una conferenza sugli studi dell’encefalo?”

Incominciai con la spiegazione. Finita la presentazione di questi studi, i giornalisti cominciarono a fare domande: “Grazie a che cosa ha raggiunto questa conclusione?” oppure “Chi la ha aiutata?”. Sempre le stesse domande finchè ad un certo punto uno dei ragazzi della scolaresca alzò la mano e mi chiese: “Come ha individuato il suo talento; ci sono stati incontri, avvenimenti e scoperte che la hanno condizionata?”. Tutti si girarono verso di lui con aria sbalordita ed io incominciai a raccontare: “Tutto, caro ragazzo, è incominciato alle elementari. La scienza, la chimica e la medicina mi attiravano molto e avevo il desiderio di voler diventare un medico senza frontiere. Alle medie ci fu la svolta: il secondo giorno delle prima media ho conosciuto la professoressa di matematica, scienze e geometria. Una prof. davvero particolare capelli rossi con colpi di sole, occhiali grandi che facevano vedere i grandi occhi e il suo zaino a righe della Eastpak. Quel giorno si presentò ed è da lì che incomincio tutto. Ogni giorno avevamo delle sue ore ed era un piacere assistere alle sue lezioni, così l’anno passò.

In seconda media avevamo una nuova prof. di Italiano che era stata in maternità: che lei da subito mi è stata simpatica, il suo modo di coinvolgermi nelle lezioni. Ma la vera prof. che volevo incontrare e sentir spiegare era la prof. di matematica. Alla prima lezione di scienze incominciammo a parlare dell’encefalo ed io fui attirata dai suoi occhi che ci guardavano: erano lucidi, si capiva dai suoi occhi che l’argomento e la scienza erano parte di lei, così mi coinvolse maggiormente. Quello sguardo non lo dimenticherò mai, forse è stato quello l’avvenimento principale e più significativo. Successivamente ho proseguito gli studi al Liceo Scientifico, dove ho incontrato amici e prof. che mi hanno spinto ed aiutato ad aprire gli occhi per capire che l’ambito della scienza e la medicina erano la strada giusta da seguire. Finito il liceo sperimentai il test di ingresso alla facoltà di medicina e di veterinaria. Passai entrambi, ma nel test di medicina la mia posizione nell’ordine di arrivo non era compresa nei numeri di posti liberi. Ecco qui che si presentò un grande ostacolo, ero incerta mi continuavo a fare domande: “Sarà la strada giusta da seguire, devo riprovare l’anno prossimo e nel frattempo studio veterinaria?”. Così ho fatto. L’anno dopo riprovai il test di ingresso e per un soffio entrai ero felicissima. Successivamente incontrai una professoressa di anatomia che mi ricordava tanto la prof. Delle medie di matematica, quando spiegava sempre il corpo umano, in particolare l’encefalo, gli occhi le si illuminavano di luce. Dopo i cinque anni dovevo scegliere la specializzazione e senza nessun rimpianto ho scelto la curvatura che studiava il cervello. Oggi eccomi qui con una famiglia su cui posso contare e ancora tante idee nella mente e sogni da realizzare: ciò che mi preme è continuare a scoprire il cervello, i rimedi per le malattie e il corpo”. Il ragazzo mi guarda e mi domanda: “ Ha qualche rimpianto del periodo della giovinezza?”. Io rispondo “Io credo di aver vissuto per adesso la mia vita a pieno, forse l’unico mio rimpianto è di non aver provato e sperimentato, l’esperienza dei medici senza frontiere, ma per questo credo ci sia ancora tempo”.

Michela

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Quando ci guardiamo negli occhi ci guardiamo da uomini veri

 

Buongiorno, vorrei farle qualche domanda su come ha scoperto la musica: ha avuto bisogno di qualche persona che le desse aiuto nel suo percorso da musicista?” “Buongiorno, prima di tutto io mi sento molto fortunato; ho scoperto la musica da piccolo (amore a prima vista) e piano pian la mia passione cresceva. Un giorno quando ero in quinta elementare la musica mi venne in contro offrendomi una grande opportunità.

La mia scuola aveva un gruppo di strumenti, ma uno su tutti attirava la mia attenzione: la tromba. Così chiesi ai miei genitori di poter iniziare una nuova avventura. Dopo qualche anno che suonavo ho scoperto che quello strumento mi avrebbe segnato per tutta la mia vita. Un giorno di terza media ho sentito per la prima volta la parola “Superiori”. All’ inizio mi metteva un po’ di paura, e io non sapevo più cosa fare e dicevo fra me “ C’ è anche il liceo musicale ma lì ci vanno solo quelli bravi”. Io non mi sentivo pronto, ma le parole del mio professore di musica mi hanno fatto vedere una luce che mi ha cambiato, che mi ha incoraggiato: io alla fine volevo fare solo quello, di altro non c’ era niente che mi interessava come la musica. Lì ho scoperto che quella era la mia strada e nessuno me la potava togliere.

Persone importanti che mi hanno cambiato ne ricordo in particolare una: Giovanni Grandi, il mio professore di musica e maestro di tromba, che ha visto qualcosa in me, che gli altri non vedevano, qualcosa di speciale, come ha detto lui: “Quando ci guardiamo negli occhi ci guardiamo da uomini veri”. Un’ altra persona fondamentale nel mio percorso è stato Francesco Siri che qualche volta mi faceva lezione insieme al mio amico Damiano Lottici. Francesco mi ha fatto capire che la speranza è l’ ultima a morire e se vuoi diventare un grande musicista devi avere passione per quello che fai”.

Grazie, ultima domanda: quale consiglio può dare ai ragazzi che sono alle prime armi?” “Passione!!”

 

GIULIO

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COME SONO DIVENTATO FAMOSO

 

Occhiali da sole, viso nascosto dalla sciarpa firmata e un elegante cappotto che la avvolge per ripararsi dal gelo di gennaio. Dietro queste ricchezze si nasconde un animo che non avrebbe mai creduto di riuscire a diventare famosa per qualcosa di suo. Lei è Gaia Scaravaggi, nota scrittrice di libri fantasy da un paio di anni, cosa insolita per la sua età di ventidue anni.

Si sta incamminando verso la conferenza stampa in suo onore, in cui verrà intervistata da giornalisti famosi, che Gaia descrive con una parola e cioè “assillanti”. Per questo ci sta andando contro voglia, ma sapeva che diventando famosa i sacrifici non sarebbero mancati. Il titolo dell’intervista è “COME SONO DIVENTATO FAMOSO”.

Ora si trova seduta davanti a centocinquanta persone. Dopo essere stata accolta con le mille lodi sulle sue capacità, inizia a presentarsi. Ed ecco che prende la parola il primo giornalista: “Signorina Scaravaggi, grazie a chi o a che cosa le è venuta l’idea di scrivere?”. Gaia risponde: “E’ stato grazie a un incontro che ho fatto a causa di un equivoco”. Un altro giornalista dice. “Non credo di aver capito, potrebbe spiegarsi?”. Gaia sorride. “Sì, ha ragione, mi scusi, adesso racconto tutto…” , ma un altro giornalista chiede: “E’ stato davvero importante l’incontro?” “Certo che lo è stato, è successo…” di nuovo non la fanno finire. “E chi era?” “Com’è successo?” “perché secondo lei è diventata famosa?”. Un giornalista addirittura, approfittando del pasticcio grida: “Gaia Scaravaggi, mia figlia ti adora!”. Gaia non ne poteva più. “Insomma, mi lasciate finire?!” urla esplodendo; non era mai stata paziente. Cala il silenzio. Il tipo che teneva l’intervista dice: “Questa non deve essere un’occasione per diventare amici della signorina Scaravaggi, ci deve essere ordine” e le fa cenno di parlare. “Ok…. io volevo rispondere alla domanda iniziale” quindi prende fiato e inizia: “Era una giornata di maggio, avevo diciassette anni e finito la scuola stavo andando verso l’edificio in cui mia sorella avrebbe fatto lo spettacolo di fine anno della scuola. Io non ne avevo per niente voglia, era stata mia mamma ad obbligarmi per fare un piacere a mia sorella. Comunque in quell’edificio si tengono diversi incontri e io perdendomi mi sono ritrovata in una sala piena di gente in giacca e cravatta e signore tutte ingioiellate. Al posto dei bambini sul palco però, c’era un tavolo in cui erano seduti due signori. Vidi il titolo dell’incontro: “come sono diventato scrittore”. Oh no! Ho sbagliato aula, adesso mi “becco” ore in cui scrittori pazzi parlano della loro biografia! Tentai di mischiarmi tra la folla per uscire dalla porta, ma la avevano appena chiusa perché l’incontro era iniziato! Cercai nella borsa il cellulare per dire a mia mamma di tirarmi fuori da qui ma… <questo è il colmo> pensai, il cellulare era scarico! Allora mi rassegnai e mi sedetti, avrei dovuto ascoltare “Mr scrittore” fino alla fine. Non diceva niente che mi interessava. Ad un certo punto però, una sua frase attirò la mia attenzione, lo guardai mentre diceva: “Per questo sono diventato scrittore, per un equivoco. Devi solo scavare dentro di te e trovare il tuo talento come se fosse un tesoro. Il prossimo scrittore potresti essere tu”. Mentre diceva queste parole, l’avrei giurato, mi guardò negli occhi. Il suo sguardo era come una pugnalata nello stomaco, e le sue parole non erano solo parole. Aveva anche un aspetto famigliare, avevo già visto quello scrittore. Guardai meglio il volantino con il titolo, sotto c’era scritto “incontro con Alessandro D’Avenia”. Certo! Come ho fatto a non arrivarci? E’ il mitico che ha scritto <Bianca come il latte rossa come il sangue>! L’incontro terminò, tornai a casa. Vi risparmio la parte di quella sera con i miei genitori…

Il giorno dopo camminavo per la strada e ripensavo all’incontro del giorno precedente; anch’io volevo diventare scrittrice come lui. Mentre ci pensavo, andai a sbattere contro una persona, lo guardai e, ironia della sorte, era Alessandro D’Avenia. Mi chiese scusa e io ne approfittai per dirgli: “Ieri ho sentito il suo incontro, mi ha colpito molto, a me piacerebbe scrivere libri fantasy”. Lui mi rispose gentilmente: “Che bello! Anche a me sarebbe piaciuto, ma poi mi sono detto: Alessandro, guardati intorno, potresti scrivere più cose sulla vita reale. Così non ho scritto fantasy, ma perché non volevo io. Io non ti conosco, ma se hai questa vocazione seguila. Adesso devo andare”. Ero senza parole. Lo ringraziai e mentre si allontanava gridò “buona fortuna”. Da quel momento ho voluto fare quello. Ora sapete cosa è successo”.

Gaia finisce di parlare e tutti le fanno un sonoro applauso. Dopo l’intervista si rende conto che era stata veramente bella.

Gaia ogni volta che scrive, si tiene nel cuore le parole del suo amico Alessandro D’Avenia.

 

GAIA

 

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