IL DESIDERIO DI COLOMBO


Lavoro di immedesimazione: dopo aver studiato il periodo delle scoperte geografiche e dopo esserci imbattuti nell'affascinante personaggio di Cristoforo Colombo, abbiamo provato a “rivivere” la sua vicenda attraverso gli occhi e il cuore dei personaggi coinvolti in questa avventura.



Sei Isabella di Castiglia, rimasta sola nel tuo palazzo dopo il colloquio con quello strano marinaio italiano. La sua idea è assurda ma qualcosa in lui ti ha incuriosito. Cosa dire a tuo marito? Sostenerlo o lasciar perdere? Esponi i pensieri che ti si affollano in testa.


LA BICICLETTA DI TEO

“Qualcuno mi aiuti!!!!!!!”.

Sento questa voce dall’appartamento vicino, in piena notte... 

Il mio istinto mi spinge ad andare a vedere. Busso alla porta, ma nessuna risposta. Busso ancora e ancora e ancora. Finalmente mi apre una donna in lacrime: suo figlio, Teo, quella sera, non era ancora tornato e la polizia non lo avrebbe cercato se non il giorno dopo. Che fare? Posso lasciarla qui senza muovere un dito?

Penso: magari un po’ di informazioni non farebbero male.

Chiedo alla mamma, sempre in lacrime: ”Dov’era la sera prima?”

Lei dice:” Era andato all’oratorio per una festa… non so bene di cosa si trattasse, mi aveva promesso che sarebbe rientrato non più tardi di mezzanotte.”

“Bene. Grazie.”

Non è un grande aiuto, ma è già qualcosa per cominciare.

Cerco indizi. Il piano è: andare all’oratorio e bussare alla casa del parroco, anche se un po’ di vergogna mi turba, vista l’ora tarda.

Decisa busso. Vedo la luce al piano di sopra che si accende. Don Giuseppe mi apre. Gli spiego la situazione e lui mi dà un primo indizio: Teo non era alla festa.

Dove sarà andato? Torno a casa per vedere se la bicicletta è ancora in garage, ma mi rendo immediatamente conto che non c’è.

Non sapendo dove andare a sbattere la testa, mi avvio lentamente verso il lungo mare ed arrivo fino al molo; sento una sirena in lontananza e vedo due gatti randagi che litigano furiosamente per accaparrarsi del cibo. Improvvisamente un riflesso di luce alla base di un lampione mi fa vedere una bicicletta appoggiata per terra. “Ma è la bicicletta di Teo”! Vicino alla bicicletta noto le sue scarpe e i suoi vestiti accuratamente riposti; in quell’istante mi accorgo che poco lontano dalla riva si sentono delle voci e degli schiamazzi. Aguzzo la vista e con mia somma sorpresa intravedo Teo con altri due suoi amici che giocano e scherzano su una piccola barca. Mi metto ad urlare per attirare la loro attenzione e farli ritornare a riva. Una volta giunti a riva mi spiegano che volevano trascorrere una serata diversa dal solito e non si erano resi conto del tempo che passava. Riaccompagno Teo a casa dalla mamma che appena lo vede lo riabbraccia pur essendo anche un po' arrabbiata. La mamma mi ringrazia e io me ne torno a letto consapevole di aver fatto felice una persona.

 

ELENA

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SALVATAGGIO DI UN AMICO

 

Stavo partendo da casa per a Roma per andare a vedere il Papa. Mia mamma, come al solito agitata, chiede: ”Siamo sicuri di aver preso tutto quello che ci serve?”

 

E io e mia sorella, come al solito, le diciamo: “Sì, mamma, abbiamo preso su tutto”.

 

Prima di partire, come al solito, passiamo da casa dei miei nonni per dare le chiavi di casa a mia nonna. Dopo avergliele date, dicono a me e mia sorella: “ Mi raccomando fate i bravi”,

 

a mio papà :“Vai piano!”

 

Tutti insieme diciamo -“Sì, ma va sempre piano”.

 

Mio papà dice: “ Allora adesso siamo pronti per partire perché se no facciamo tardi”.

 

Io dico -“Aspetta che bacio i nonni”.

 

 

 

Poi dopo tutti i saluti partiamo e in cinque ore più o meno siamo arrivati a Roma.

 

Mia mamma dice:“ Bambini, siamo a Roma!”

 

Noi subito -“Che bello! Tra quanto siamo all'albergo?”

 

E mio papa -“ Tra dieci minuti”.

 

 

 

Siamo arrivati all'albergo insieme ad un'altra famiglia e anche loro volevano andare dal Papa.

 

Il giorno dopo c' era l' udienza del Papa, così verso le sei e mezzo ci siamo alzati, ci siamo vestiti e abbiamo fatto colazione.

 

Mamma:“ Siete contenti che andiamo dal Papa?”

 

Noi: “Certo, mamma, come possiamo non essere felici?”

 

Papà -“Dai, che prima arriviamo e più i posti sono belli”

 

  • “Io sono pronto”

  • “Anche io”

  • “Allora tutti in macchina”

 

 

 

Arrivati dal Papa eravamo proprio vicino alle transenne così lo vedevamo bene e ci siamo trovati vicino a quelli che erano nel nostro stesso albergo, ci hanno riconosciuto.

 

  • “ Ma voi siete nel nostro stesso albergo”

  • “ Sì”. Allora ci siamo presentati

  • “Io sono Alberto, questa è mia moglie Karin e questi sono i miei figli Filippo e Francesca. Noi veniamo da Cremona”

  • “Io invece sono Federico, lei è mia moglie Silvia, e questi sono i miei tre figli Luca, Leonardo e Marta. Noi da Venezia ”

  • “Sta arrivando il Papa!” così tutti si girano e ci schiacciano contro la transenna.

  • “Io ho fatto le foto più belle” dico e tutti concordano con me.

 

Dopo aver visto il Papa ci siamo accorti che mancava un bambino di Federico. Allarmati i genitori cercano ovunque ma non lo trovano.

 

Silvia: “ Federico, chiama la polizia”

 

Io: “ Aspettate, venite a vedere. In questa foto c' è e in questa no; quindi o vuol dire che si è allontanato e si è perso o vuol dire che lo hanno rapito”.

 

“ Chiamiamo la polizia, comunque non si sarebbe mai allontanato da noi senza dircelo”.

 

Abbiamo chiamato la polizia che è arrivata in cinque minuti, ma non ha trovato nient' altro che un biglietto con su scritto: “ Se rivolete vostro figlio portate 50.000 in via buia alle 7 di dopo domani non tardate perché se no vostro figlio lo uccido. Venite senza sbirri”.

 

I poliziotti dicono di fare il suo gioco e poi lo catturano, ma secondo me dovremmo prendere un agente segreto e far fare a lui.

 

“Aspettate, voi non farete nessuna delle due cose” dico.

 

“ Perché?”

 

“ Perché noi bambini dobbiamo inventarci qualcosa”

 

“ Giusto” hanno detto tutti i bambini insieme. “Se sono i soldi che vuole, li avrà ma alla nostra maniera”. Allora i bambini all'albergo cominciano a mettere insieme delle proposte;

 

alla fine il miglior piano è ovviamente il mio che consisteva in: “ Dato che è una via in mezzo a due palazzi altissimi, noi portiamo la valigetta, mentre io e Marta, dall’alto di uno dei palazzi, prepariamo un sacco pieno di sabbia e glielo molliamo in testa. Poi con una corda lo leghiamo e lo portiamo in caserma”.

 

Allora via a preparare! Io dirigevo il lavoro da un balcone: con una bomboletta abbiamo segnato i vari punti. Il giorno dopo eravamo pronti: così alle cinque di pomeriggio io e Marta eravamo già in posizione.

 

 

 

Poi alle sette, come scritto sul biglietto, ecco il rapitore. Era un uomo non tanto alto, capelli grigi.

 

 

 

-“ Datemi i soldi e andate”

 

- “Prima facci vedere il bambino se sta bene”, - “ ok”.

 

“ Eccolo. Ora i soldi”

 

  • “Vieni avanti, dritto davanti a me”.

  • “Va bene” e poi BOOOOOOM

  • “Grandi! Bella mira!”, - “Ora leghiamolo, MAMMA, vieni che lo portiamo dalla polizia”

  • “Va bene”.

 

 

Arrivati in caserma, la polizia ci ha ringraziato e ci ha dato una medaglia per il coraggio e per l' astuzia, quindi eravamo molto contenti.

 

  • “Ciao, amici, grazie di tutto”, ci hanno detto.

  • “Ciao”, abbiamo risposto.

 

Così, dopo i saluti, siamo partiti e siamo tornati a casa. Quando lo abbiamo detto ai nostri nonni erano contentissimi dell' accaduto.

 

Filippo

 

 

 

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Ho sentito dentro di me un raggio di speranza

Bene, sono tornata in me ed ora posso ragionare. Ma cosa mi è successo? Ho sentito dentro di me un raggio di speranza, sentivo che il progetto pazzo di quell’uomo pazzo avrebbe funzionato. E’ durato un attimo ma è bastato per farmi cambiare idea. E adesso cosa dico a quel marinaio? Non posso pagargli il viaggio, con le navi,il cibo, i marinai… soprattutto ora che siamo nel bel mezzo della guerra contro i musulmani. Ma se le sue parole fossero vere? E se fosse vero che Dio ha scelto proprio lui? Se i suoi calcoli fossero veri, questa scoperta potrebbe essere fondamentale per la vita dell’uomo. Chi sono io per impedire questo? Sì, devo aiutarlo e in particolare devo credere in quello che faccio; era un segno la speranza di prima, non posso ignorarlo e magari il Signore ha scelto anche me... sono in mezzo a questa faccenda. Sì, aiuterò quell’italiano.

Ora però vi è un problema più grande, assolutamente da non sottovalutare: mio marito. Lui è il re di Spagna, ha il massimo potere perfino su di me. Di solito è comprensivo e ascolta, ma questa è un’ altra cosa, qui c’è di mezzo la vita di diversi uomini, è una vera pazzia, in particolare in una guerra appunto.

Forse, però, si può giungere a un compromesso: se Ferdinando non accetta di finanziare il viaggio dato il periodo (cosa molto probabile), una volta finita la guerra non ci dovrebbero essere molti problemi, a meno che la guerra non finisca per il peggio; in questo modo potremo pagare l’intrepido viaggio. Ora vado a parlare con mio marito, ma soprattutto, vado a pregare, perché la preghiera in questi tempi è la nostra sola possibilità.

 

PREGHIERA DELLA REGINA ISABELLA

Grazie Signore

Per avermi donato una bella famiglia.

Grazie Signore

Per avermi dato un popolo

Da governare con amore e intelligenza.

Io ti chiedo solo

Di porre fine a questa guerra

E, se è davvero questo che vuoi

Di aiutarmi con Cristoforo Colombo

Che hai scelto tra tutti,

proteggilo in questo progetto

ma soprattutto aiutaci

ad avere fede in lui e in Te.

Amen

 

Gaia

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Colombo mi ha salvato

Siamo nel venticinquesimo giorno di navigazione; ieri abbiamo percorso approssimativamente undici leghe, sono le 14:45 e per adesso abbiamo percorso circa sette leghe. Il vento è favorevole e il mare è tranquillo, il sole splende, come ogni giorno, sulla nostra testa. Il peso per scandagliare il mare arriva a ventitré metri di profondità. Sulla caravella principale Santa Maria l’ammiraglio Colombo è quasi sempre rinchiuso nella sua cabina e le poche volte che esce, il suo sguardo è sempre più cupo e preoccupato. L’equipaggio è costantemente stanco e dubbioso per quanto riguarda il viaggio, alcuni marinai capitanati da James Jon, uno degli ultimi ad essersi imbarcati per l’avventura, in quanto come me preso dal carcere, sta organizzando un ammutinamento contro Colombo e i suoi aiutanti . Io in queste faccende però non mi immischio, di giorno resto sempre nel mio punto di vedetta sull’albero maestro della caravella, per la notte do il cambio a gli altri e vado nella mia cuccetta cercando di addormentarmi al più presto. Così trascorro le mie giornate; devo ammetterlo, un po’ mi stufo, ma uno dei motivi per cui continuo questo viaggio senza rivoltarmi al capitano è il fatto che in questi ultimi giorni nel mare si sono visti apparire alghe, cane di bambù, frutti tropicali e ieri un piccolo granchietto bianco. Un’altra ragione che mi spinge a non mollare è lo sguardo fiducioso di Colombo, infatti dietro al suo volto preoccupato egli nasconde due occhi fiduciosi, pieni di voglia di conoscere e di arrivare alla meta; ogni giorno quando esce per un momento io guardo i suoi occhi che mi danno la carica per finire la mia giornata con il mio massimo impegno. Questo viaggio mi strazia nel cuore e nell’anima, incomincio a sentire la mancanza dei miei cari e il peso del battere del sole sulla mia testa, ogni giorno penso alla mia famiglia, motivo principale della mia scelta di partire: io la ho abbandonata commettendo un errore imperdonabile, per questo sono finito in carcere. Colombo mi ha salvato, ha permesso il riscatto della mia vita e mi ha concesso di andare a riprendermi ciò che la mia esistenza mi ha tolto rinchiudendomi in carcere, cioè la libertà, la libertà che non avevo ormai da tempo. Ebbene sì, la regina ha promesso a noi carcerati la libertà se partecipavamo a questa impresa. In questo modo darò esempio a tutti coloro che mi conoscono e ai miei figli; farò capire che ognuno di noi si può riscattare, basta solo che lo voglia con tutto se stesso. Per dimostrare a loro queste cose darei anche la vita.

 

Michela

 

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Sei un marinaio su una delle caravelle, il dubbio e la stanchezza serpeggiano tra l’equipaggio. Come vivi questo momento? Sei fiducioso come Colombo o la paura ti attanaglia e vorresti tornare indietro? Per quali ragioni hai deciso di partire per una impresa così temeraria?


“Imbarcati qui e farai carriera!”

 

_ Mercoledì nove ottobre_

_ mattina :una clessidra dall’alba _

 

Ormai è da quasi un mese che navighiamo e devo ammettere che mi sono chiesto: e se Cristoforo avesse sbagliato?

Incomincio(per ora in gran segreto)ad avere paura.


_ mezzogiorno: dodici clessidre dall’alba_

Dannazione! Dopotutto perché mi sono in questa maledetta impresa?

Il Contrammiraglio mi ha detto : “Imbarcati qui e farai carriera!”, “Giovanotto prendi coraggio!”

Però lui non si è presentato un mese fa al molo!


_ notte: tre clessidre dal tramonto_

Però dopo aver visto delle canne scavate galleggiare in acqua mi sono rincuorato; che quest’impresa (non) sia vana?

Ho sempre più voglia di farcela, di completare quest’assurda e meravigliosa impresa quasi impossibile all’uomo


_ giovedì 10 Ottobre_

_ mattina: un quarto di clessidra dall’alba_

Ora incomincio davvero ad avere paura.

Ogni ora la situazione peggiora.

Però Colombo oggi ha detto che entro tre giorni troveremo la terra , altrimenti torneremo indietro abbandonando ogni speranza.

_ mezzogiorno: tredici clessidre dall’alba _

In gran segreto però scrivo che si parla di ammutinamento, che i galeotti sulla nave stanno preparando una rivolta.

Il cuoco mi ha avvisato (essendo io l’ispettore di bordo di prima classe scelta sulla S:Maria)che sono spariti: sei coltelli per il pane, un trincia – carne (coltello affilatissimo)e , molto più importante un archibugio, una pistola d’arrembaggio, un fucile a canna mozza, una dozzina di proiettili e dici chili di polvere da sparo.

Tutto ciò è materiale sufficiente per ammutinarsi.

Ora , escludendo i sei coltelli da pane e il vecchio trincia – carne (che non costituiscono un problema) rimane materiale sufficiente per una mezza dozzina di uomini.

Su questi ho già dei sospetti ossia due dei tre galeotti e altri quattro ragazzetti in cerca di fortuna; i quattro non costituiscono una minaccia, mi preocupano invece i due galeotti che potrebbero ammutinasi quando vogliono.

Tra l’altro ho appena appreso che uno dei due è un ex – volontario della marina ,(quindi sa combattere)incarcerato pero per furto.

In vista dei suddetti fatti cosa è giusto fare?

Inoltre la gente sta impazzendo; due marinai hanno delirato e uno, appeso sulle sartie, giura di aver scorto un Kraken grosso quanto tre fregate, qui la situazione è estrema!


_ venerdì undici Ottobre _

_ mezzogiorno: dodici clessidre dall’alba _

Ho fatto la mia scelta: con due aiutanti sono entrato negli appartamenti del cuoco (la cucina) dove aveva i due con una scusa, e dopo aver fatto irruzione abbiamo contato la loro dozzina di colpi: li abbiamo catturati.

Da adesso incito gli uomini a lavorare , non nego però che vista una canna nell’acqua l’ho scavata un poco e l’ho fatta vedere alla ciurma.


_ notte fonda: quindici clessidre dall’alba _

E adesso che sto dimostrando tutto il mio coraggio, e la speranza di farcela è più viva che mai, ho trovato una risposta alla mia domanda: e se l’impresa dovesse fallire?

La mia risposta è: almeno ci abbiamo provato!

E se dovessimo fallire il nostro tentativo non sarà vano poiché metterà in guardia le generazioni future per non commettere imprudenze.

 

Edoardo

 

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Basta , bisognava fare qualcosa!

 

Erano ormai trenta giorni che navigavamo su quella specie di zattera chiamata Santa Maria; benché questa fosse la più confortevole delle tre caravelle (anzi era quasi una nave ), le condizioni di vita non erano certo buone per i marinai di basso rango.

Dovevamo dormire al freddo senza un tetto e con solo una misera coperta per coprirci,il cibo imputridiva sempre di più, il morale della ciurma scendeva sempre più velocemente, e come se non bastasse l’ammiraglio,” Quell’ italiano” , dava ordini sempre più duri ed in numero maggiore ogni giorno che passava.

Basta , bisognava fare qualcosa!

Alle undici e mezza del trentesimo giorno di viaggio convocai sotto coperta tutti i marinai ed insieme prendemmo una decisione : l’ammutinamento!

Andammo dall’addetto all’ armeria, e prendemmo diverse armi,andammo sul ponte di comando, circondammo l’ammiraglio, con le armi puntate su di lui e chiunque cercava di opporre resistenza; in quel punto una moltitudine di ricordi mi attraversarono la mente, rividi il giorno in cui salpammo da san Paolo, tutti felici e festeggianti, poi pensai al motivo per cui mi ero imbarcato. Mi ritornò in mente il giorno in cui tornando svelto dopo essere stato al lavoro con mio zio, vidi un manifesto appeso a un muro che diceva” si cercano volontari per una spedizione in India per mare,la paga è di tre pesos al mese più un eventuale bottino all’arrivo.”sapevo che fosse un impresa folle, ma decisi lo stesso di imbarcarmi,non per la paga o altro, ma per un desiderio di avventura che ho sempre nutrito dentro di me.

E allora era solo colpa mia, sapevo a che cosa andavo in contro, e ho voluto continuare dal primo all’ ultimo marinaio,mozzo,ufficiale imbarcato su questa nave perfino l’ ammiraglio.

Non so se fosse troppo tardi, ma andava fatto qualcosa,per fermare ciò a cui io stesso avevo dato vita. Bisognava salvare l’ammiraglio, subito, un attimo di ritardo e sarebbe stato troppo tardi!

Urlai subito con quanta voce avevo in corpo di abbassare le armi, all’istante lo schieramento si divise,una parte con me e con l’ammiraglio, l’altra parte ancora fermamente decisa a prendere il comando, capeggiata da Edgar il cuoco, un uomo enorme con due spalle che lo facevano sembrare un armadio,Ad un tratto questi si avventò di corsa contro l’ammiraglio, gli mancavano pochi passi per raggiungerlo, quando una ventata improvvisa lo fece scivolare. Poco

dopo aver perso l’equilibrio, inciampò in una asta di legno e cadde in mare.

Io ero deciso a lasciarlo lì, ma il comandante ordinò di prenderlo e di tirarlo su. Tornato sulla nave fu messo agli arresti e così tutti coloro che stavano con lui.

Riguardo alla nave la fortuna finalmente lo premiò, infatti, infatti tre giorni dopo fui proprio io ad urlare la parola tanto attesa :”TERRA!”


Pietro

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Ho deciso di partire perchè io, questo desiderio, lo tengo da anni e l'ho nel sangue fin dalla nascita.

La mia esperienza è già cominciata da quattro settimane, oggi è lunedì e comincia la quinta settimana.

Io sono sulla Nina e mi trovo benissimo, è una nave accogliente rispetto a tante altre su cui sono andato.

I marinai sono molti, ma in questi giorni sono stanchi e delusi per il viaggio.Tutti vogliono abbandonare la missione tranne Colombo e me.

Questo momento è difficile per tutti, io cerco di incoraggiarli al desiderio di conquista, ma nulla da fare.

La stanchezza incombe anche su di me, però appena penso alle conquiste che potrò fare, mi ritorna la felicità, come se avessi cambiato avventura.

Io sono più che d'accordo con Colombo, perchè lui ha fiducia nel suo destino e io ho fiducia in lui.

Certe volte mi viene voglia di tornare a casa mia, sedermi sul letto e riposarmi, bere del tè e mangiare i miei biscotti preferiti. Andare a far la spesa, coltivare l'orto e parlare con la signora Mary, la mia vicina di casa, ottima consigliera e amica.

Io però ho voluto intraprendere questa avventura, la mia testardaggine di scoprire mi ha portato fino dove sono adesso.

Fin da piccolo ero testardo e mi ricordo che i miei genitori non volevano parlarmi di avventura perchè avrei fatto una strage e sarei andato a cercare un'avventura di qualsiasi genere pur di farne una.

A differenza degli altri marinai che si sono pentiti di aver fatto questa scelta, molti hanno cercato di far cambiare idea a Colombo, ma senza risultato.

Molti hanno organizzato rivolte facendo credere che non saremmo mai giunti a destinazione.

Ovviamente tutti i marinai avevano fede e io, fiero, ero l'unico a credere nella riuscita di Colombo.

Ho deciso di partire perchè io, questo desiderio, lo tengo da anni e l'ho nel sangue fin dalla nascita.

Inoltre ho deciso di partire per mettermi alla prova: molti non erano partiti per la paura di non tornare né dalle loro mogli né dai loro figli.

Io però non sono sposato e non ho figli, quindi voglio mettermi alla prova; fino a che punto posso arrivare? Quali sono i miei limiti?

A questa domanda non so rispondere, è anche per questo che cerco nuove avventure e spero di trovare, almeno in questa impresa, una risposta.

 

Veronica

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Sono un semplice marinaio

 

Sono un semplice marinaio timoroso ed innocuo; scrivo ogni giorno parole in questo libretto ormai vecchio e logorato come il peso degli anni che porto sulle spalle.

Nel cuore ho assai paura di un pericolo malvagio che proviene dalle acque tenebrose e oscure del mare nero che di notte navighiamo e ne tracciamo la via per una nuova terra. Perché sono partito per questa avventura è una domanda che mi ronza da tempo nella mente; ormai offuscata dal dolore, dalla povertà che cercano di portarmi via la libertà e l’amore che mi riporterà a casa dalla mia famiglia. Il mio ammiraglio e comandante è Colombo. Ho saputo che proviene da Genova, la mia città: ho fiducia e speranza in lui, ma tanto quanto il cielo è oscurato e non presenta segni di vita, così la rabbia prende il sopravvento sul mio senno. Il suono degli uccelli migratori da tempo non si ode più e il profumo che odoro di sera è la vittoria e la scoperta di una nuova terra; ma ogni giorno quella luce splendente scompare ed io divento sempre più spazientito. Il mio cuore è spavaldo ma essendo un uomo anch’io temo la morte.

Credo di aver intrapreso questa avventura per la gloria e per avere qualche moneta in più per portare tutti i giorni il pane a casa dalla mia famiglia. Il mio amico molto orgoglioso e temerario non sa che cosa sia la paura e io temo per lui che l’orgoglio possa sottrarre la suo ragione e possa fare scelte sbagliate. Anche le travi sottocoperta cominciano a scricchiolare, a inumidirsi per le forti tempeste e a marcire; come il cibo nei barili ormai quasi vuoti e l’acqua è anch’essa finita e la nostra gola comincia a seccarsi.

Il profumo della sconfitta serpeggia nelle cabine di tutti i marinai; la gioia è ormai sotterrata sul fondo del mare. Il mio posto per dormire è sottocoperta ed è scomodo e freddo. L’odore della morte sento che mi avvolge e mi stringe sempre di più come in una ragnatela.

Quando ho intrapreso questa avventura non ho seguito la mia ragione ma vigeva solo l’inconsapevolezza di quello che stavo per fare.

 

Questo è il giorno 28 della nostra navigazione (1492).


Vittoria

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Diario

 

Giorno 12 settembre 1492

 

In questi giorni la nave inizia a sembrarmi sempre più piccola e rozza rispetto alla partenza. A bordo c’è sempre molto caos e disordine, ufficiali che urlano e noi che eseguiamo in tutta fretta. Alla fin fine dopo giorni e giorni tutto ti sembra normale, normale fino a quando ieri, 11 settembre 1492 il mozzo che era di turno ha visto pezzi di rami di foglie, lo disse a tutti e l’ ammiraglio Colombo disse che essi erano un segnale della vicinanza alla terra.

 

Giorno 14 settembre 1492

 

Dall’ ultimo avvistamento di oggetti terreni è passato molto tempo, la ciurma inizia a dubitare per la riuscita dell’ impresa. Alcuni in particolare stanno iniziando a preoccuparsi seriamente, hanno perfino progettato una fuga dalla nave con le scialuppe di salvataggio. Io, al contrario di molti, non ho ancora minimamente dubitato dell’ ammiraglio, che quotidianamente e costantemente ci aggiorna sui progressi dell’impresa.

 

Giorno 17 settembre 1492

 

Grande notizia, proprio altri oggetti di terra sono stati avvistati; Colombo dice che domani toccheremo terra

 

Giorno 23 settembre 1492

 

La predizione dell’ammiraglio era sbagliata, questo ha profondamente demoralizzato la ciurma. Un altro marinaio che stava anche lui per perdere la speranza mi ha chiesto come facessi a rimanere fedele all’ammiraglio. Mi chiese anche perché mi ero presentato sulla nave il giorno della partenza; ed io risposi:” Mi sono presentato sulla nave per realizzare quelli che sono sempre stati i miei desideri principali: servire il re e la regina di Spagna e incominciare una nuova avventura. In questo modo il mio amico ha capito quello che volevo dire, e così anche lui è diventato del mio stesso parere e lo disse a un suo amico e così via. In poco tempo tutta la nave si ricordò perché era lì. Anche quelli più determinati a buttarsi in mare per la disperazione si fermarono. Si levò così un grande fracasso e Colombo, che era assorto nei suoi pensieri, uscì dalla cabina furibondo e urlò qualcosa che non capii, e subito dopo si sentì urlare il mio nome. Allora l’ ammiraglio si voltò verso di me e mi chiese la causa di tutto ciò, così gli spiegai il mio discorso e la gioia di tutti. Lui capì e mi ringraziò per l’ aiuto datogli a rianimare la ciurma e per il gran lavoro svolto finora: mi premiò al grado di capitano! In questo modo il viaggio riprese, ma con più determinazione e speranza da parte di tutta la ciurma della Santa Maria.


Marco

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Cos'è che mi spinge in un'operazione talmente ardua?

Siamo in mare già da un mese e mezzo e di indizi che ci prospettano l'arrivo ne abbiamo trovati, ma tutti si sono poi conclusi in un nulla di fatto.

Nell'Ammiraglio Colombo ho sempre avuto fiducia e sempre l'avrò, ma di dubbi sulla riuscita di questa impresa ne stanno sorgendo anche a me.

Al comandante non passerà mai per la testa di tornare indietro ed è per questo che lo ammiro: il temperamento di un uomo dovrebbe essere sempre questo.

Ma non tutti sono del mio parere, per esempio quelli della Nina stanno già progettando di ammutinare e anche quelli della Pinta sono lì per farlo; non so se i comandanti ne sono già a conoscenza ma di sicuro qualcosa sospettano.

Che sciocco che sono, non potrò mai aspirare in alto! Ho lasciato una moglie e quattro figli in balia di se stessi pur di imbarcarmi e di essere al servizio della regina... Per poi cosa? Denaro e fama personale? No, non è questo ciò che conta veramente nella vita. Non sono come quei carcerati che partendo non avrebbero perso niente: io sono padre!

Cos'è che mi spinge in un'operazione talmente ardua? Sono giorni che mi pongo questa domanda e forse ora mi sono dato una risposta: il mare e la navigazione sono la mia vita. Per me è una sfida contro me stesso, dell'Ammiraglio ammiro proprio questo: cercare sempre di più! Non si è accontentato del Mediterraneo, si è spinto fino all'Oceano!

Lui sì che è un uomo e dopo questo viaggio non si accontenterà, cercherà ancora di più, perchè nulla è impossibile, ma dobbiamo avere fede perchè la fede muove le montagne!

La nostra vita è come un blocco di marmo ancora in lavorazione e lo sarà per sempre perchè la perfezione è solo divina. Ma una cosa la sappiamo di certo: alla fine questo pezzo di roccia che ora ci può sembrare nudo e spoglio, sarà magnifico perchè ognuno di noi è magnifico per come è!

Mi faccio sempre catturare da questi pensieri e quasi dimentico che è ora del mio turno in coperta.

 

Tommaso

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Colombo mi ha salvato

Siamo nel venticinquesimo giorno di navigazione; ieri abbiamo percorso approssimativamente undici leghe, sono le 14:45 e per adesso abbiamo percorso circa sette leghe. Il vento è favorevole e il mare è tranquillo, il sole splende, come ogni giorno, sulla nostra testa. Il peso per scandagliare il mare arriva a ventitré metri di profondità. Sulla caravella principale Santa Maria l’ammiraglio Colombo è quasi sempre rinchiuso nella sua cabina e le poche volte che esce, il suo sguardo è sempre più cupo e preoccupato. L’equipaggio è costantemente stanco e dubbioso per quanto riguarda il viaggio, alcuni marinai capitanati da James Jon, uno degli ultimi ad essersi imbarcati per l’avventura, in quanto come me preso dal carcere, sta organizzando un ammutinamento contro Colombo e i suoi aiutanti . Io in queste faccende però non mi immischio, di giorno resto sempre nel mio punto di vedetta sull’albero maestro della caravella, per la notte do il cambio a gli altri e vado nella mia cuccetta cercando di addormentarmi al più presto. Così trascorro le mie giornate; devo ammetterlo, un po’ mi stufo, ma uno dei motivi per cui continuo questo viaggio senza rivoltarmi al capitano è il fatto che in questi ultimi giorni nel mare si sono visti apparire alghe, cane di bambù, frutti tropicali e ieri un piccolo granchietto bianco. Un’altra ragione che mi spinge a non mollare è lo sguardo fiducioso di Colombo, infatti dietro al suo volto preoccupato egli nasconde due occhi fiduciosi, pieni di voglia di conoscere e di arrivare alla meta; ogni giorno quando esce per un momento io guardo i suoi occhi che mi danno la carica per finire la mia giornata con il mio massimo impegno. Questo viaggio mi strazia nel cuore e nell’anima, incomincio a sentire la mancanza dei miei cari e il peso del battere del sole sulla mia testa, ogni giorno penso alla mia famiglia, motivo principale della mia scelta di partire: io la ho abbandonata commettendo un errore imperdonabile, per questo sono finito in carcere. Colombo mi ha salvato, ha permesso il riscatto della mia vita e mi ha concesso di andare a riprendermi ciò che la mia esistenza mi ha tolto rinchiudendomi in carcere, cioè la libertà, la libertà che non avevo ormai da tempo. Ebbene sì, la regina ha promesso a noi carcerati la libertà se partecipavamo a questa impresa. In questo modo darò esempio a tutti coloro che mi conoscono e ai miei figli; farò capire che ognuno di noi si può riscattare, basta solo che lo voglia con tutto se stesso. Per dimostrare a loro queste cose darei anche la vita.

 

Michela

 

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