GUERRA DI TROIA


La lettura di alcuni avvenimenti dell'Iliade ci sta entusiasmando: perchè, in fondo, rivediamo le medesime situazioni che viviamo anche noi, nelle nostre vicende umane.

Sei un comandante troiano che si appresta a raggiungere il campo di battaglia. Improvvisamente scorgi una figura che ti fa sobbalzare il cuore: forse che l’invincibile Pié veloce sia di nuovo tra le schiere? A te la scelta di guidare i tuoi uomini all’attacco o alla ritirata. Riporta il lungo discorso che rivolgi ai combattenti per persuaderli della tua decisione.


Nell'accampamento troiano

Nell'accampamento troiano

-Comandante, intende dunque sfondare le file greche a nord, a sud o … -

- Zitto! guarda là! vicino alla tenda c’è … -

-Comandante! Capitano! Mi pare di aver visto un uomo laggiù, potrebbe essere una spia, andiamocene via da … prima cosa mi diceva?- -Là c’è Achille, asino! Non riconosci un eroe neanche quando ci vai a sbattere contro!- - Andiamocene subito mio signore, se qualcuno venisse a sapere di Achille regnerebbe il panico a Ilio! –

- Amici, ritorniamo a Troia, e subito, ma non parlate a nessuno di questo incontro o dovrete vedervela con me! –

-Sì mio capitano, andiamo a prendere i cavalli- -Chi è là?-disse una voce una volta giunti alle porte - Acamante secondo, comandate della difesa e dell’offesa troiana di primo ordine dopo Priamo, Ettore e il generale della difesa; mi accompagna Diogenes e Sitalce, miei prodi aiutanti e fanti pesanti – -Mostratemi qualcosa che vi faccia riconoscere- A questo punto mostrai la parma (lo scudo) trace di Sitalce; appena vide il simbolo che lo stesso Priamo aveva fatto incidere su quello scudo, ci fece entrare.

Una volta fra le mura dissi ai miei aiutanti di radunare tutti gli uomini sotto il mio comando: i Ciconi, i licii, i Frigi, e ciò che restava dei traci; in tutto sono dodicimila uomini.

Una volta radunati iniziai a parlare.

- Uomini, amici miei, compagni di mille peripezie,che cosa succede? L’apparizione del solo Achille vi mette tanta ansia e timore? Dovreste vergognarvi! Achille non è immortale come vuol fare credere, e un suo pari lo può battere! E che io sia maledetto se uno dei figli di Priamo non lo uccide prima della fine di questa battaglia! Fatemi vedere le falangi troiane risplendere come un tempo. Prima che arrivassero gli ignobili greci! Dimostratemi ancora una volta di saper respingere il nemico ostinato! Che per via della maledetta Elena ha scatenato una guerra inconcepibile all’uomo, ma solo a Ade o a qualunque altra cosa che rispecchia la crudeltà, la pavidità, la malignità! –

- Allora se Achille è umano come può essere sua madre Teti e come può essere sceso a patti con Giove? Amici miei, io propongo una sofferta ritirata, che sarà come una sofferta avanzata con la particolarità che torneremo a casa vivi!- disse un pavido guerriero.

Molte gridi e gemiti di approvazione si levarono dalla folla.

- Sì, torniamocene a casa!-

-Compagni, non si risolve un problema mettendolo in disparte come non si risolve un assedio nascondendosi dietro alle mura! Achille c’è ed è reale, riusciremo a vincere soltanto se siamo uniti nella nostra decisione e la decisione giusta non è quella di recitare la parte delle prede pavide come cervi! Avvaloriamo la fede che Priamo ha in noi!- ribadii.

Ma la folla esitava.

- Forti Ciconi! Impavidi licii! Possenti Frigi! Nobili traci! Perché siete qui?-

- Perché siete qui!-domandai a gran voce.

- Siamo qui per scacciare i terribili guerraioli greci!- disse un arciere.

- Basta? o c’è dell’altro? Allora, non c’è nessun altro motivo?- chiesi io – perché se non c’è nient’altro siete liberi di tornare a casa -.

La folla di uomini sapeva cosa dire ma nessuno ebbe il coraggio di rispondere al capo iracondo.

Dopo imbarazzanti momenti si fece avanti il fante Diogenes, e rispose – siamo qui per difendere i Troiani nostri compatrioti e amici, e loro farebbero lo stesso per noi!-.

- E allora dimostriamo ai miserabili greci di che pasta siamo fatti! Domani, chi sarà coraggioso e leale verrà con noi, gli altri possono tornare a casa! Se però torna a casa, abbia il soldato la lealtà di non venire a ritirare il proprio compenso se vinciamo noi -.

Primi gridi di esultanza

-E chi viene, sappia che non viene in battaglia come la capra viene condotta dal macellaio, ma viene come l’orso che attacca e finisce il cervo tanto sfrontato da farsi beffe del nemico, anche quando ormai è inerme sul terreno-.

L’esercito esultò con forza e i soldati incominciarono a sbattere le lance contro gli scudi, provocando un gran frastuono, ma il frastuono provocato sapeva di vittoria.

Il mattino dopo si presentarono al campo (fra licii, frigi, Ciconi e ciò che restava dei traci) circa undicimila e cinquecento uomini, circa tremila arcieri, mille e cinquecento cavalieri, seimila lancieri e un migliaio di spadaccini. Tutti gli uomini erano armati di: una corazza in ferro (per il busto) o una serie di strati di cuoio, raramente vedevi qualche muscolaria (corazza che copre il busto rispecchiando il corpo all’esterno in maniera anatomicamente perfetta, quindi molto muscolosa, usata soprattutto dagli opliti greci); gambali a incastro (quindi senza lacci ) in ferro o in rame; una parma (scudo circolare o ovale usato dai traci e, secondo alcuni storici anche dai troiani); una spada lunga o corta (gli arcieri avevano chiaramente un arco grande; i cavalieri e i lancieri erano armati di una lancia, non però il giavellotto ma più che altro di una picca); ed infine un elmo con le incisioni della nazione di origine.

I combattenti tenevano i capelli lunghi, perché rappresentavano la libertà e perché forniva un ulteriore protezione al collo. Il morale degli uomini era notevolmente salito ma pronunciare il nome di Achille era praticamente un’ossessione.

A me personalmente pareva strano che il vanitoso Achille fosse tornato mettendo da parte le inimicizie, ma così era successo e, dopotutto l’ho visto anche io armato di tutto punto sul campo di battaglia. Guardandolo bene però sembrava come affaticato dal peso delle armi, e stranamente, non aveva tutte le armi che usava solitamente; ma sarà stata una mia impressione.

Sulla piana dello scontro organizzai l’esercito in questo modo: feci preparare dieci torrette (in legno simili a quelle delle palizzate) su ognuna di esse risiedevano venti arcieri ; quattro battaglioni da tre file per cinquanta arcieri, (tutti gli altri arcieri erano sulle mura) questi ultimi battaglioni erano da tre file perché mentre una fila sparava, le altre due ricaricavano, in modo da ottenere un colpo continuo.

Dietro a queste file di arcieri avevo fatto posizionare i lancieri in postazione simile a una falange greca: due gruppi adiacenti da trenta file da cento uomini, pronti a attaccare quando il nemico è troppo vicino per gli arcieri.

I miei cavalieri sarebbero giunti come rinforzo insieme a Ettore e a altri diecimila uomini di Troia, gli spadaccini (che erano paralleli agli arcieri ma dietro di trecento metri) si sarebbero aggiunti alla mischia.

I greci arrivarono in gran numero sulla piana, non saprei dire quanti fossero, però (sapendo che all’inizio in tutto erano centoventimila mentre noi eravamo cinquantamila) a occhio mi sembrarono quindici – ventimila uomini. Fra di essi c’erano numerose falangi di opliti, un buon numero di spartiati e, qualche peltasta di supporto qua e là.

Sembravano non aver un piano preciso come se la carta migliore dovessero ancora giocarla. Comunque sia procedevano con passo rapido sulla piana, davanti c’erano gli spartiati (la fanteria media) che, essendo più esperti e allenati dei peltasti (la fanteria leggera, chiamati cosi perché avevano uno scudo di legno rivestito di cuoio chiamato pelta)procedevano di buona lena; in fondo c’erano gli opliti (la fanteria pesante) che erano i più forti e allenati, ma per raggiungere gli spartiati dovevano tenere una marcia forzata, perché equipaggiati con più di trenta chili di una pesante panoplia (insieme di armi): spada (xiphos), lancia (dóry),  elmo (krános), scudo (bronzeo e rotondo detto oplon), corazza (formata da due pezzi, thórax e epibraxioníos, i quali proteggevano rispettivamente il petto e il ventre), bracciali (epipèkhyon), schinierie le protezioni per le caviglie e per i piedi.

Dopo trenta secondi scarsi della loro avanzata, sfruttammo la manovra errata degli achei, (ossia di mettere gli opliti in fondo che sono praticamente invulnerabili alle frecce con un oplon di più di novanta centimetri di diametro e una pesante corazza) rovesciandogli addosso un mare di frecce. Nonostante i molti spartiati caduti a terra trafitti a morte, l’esercito greco avanzava ancora. A questo punto feci passare i lancieri avanti, pronti per sfondare definitivamente le file greche.

In quel momento successe una cosa incredibile: apparve, dalla massa di spartiati che si stava per rovesciare su di noi, su di un cocchio, Achille con Automedonte trainati dai suoi cavalli Balio, Xanto, e Pedaso.

Tra le nostre file regnò il panico, inoltre da dietro gli opliti greci apparsero i mirmidoni.

I greci approfittarono della momentanea indisposizione e dimezzarono i lancieri che scappavano di fronte al nemico, in pochi (circa un sesto) di quelli che avevano ascoltato il mio discorso attaccarono Achille, ma comunque con un esito disastroso: morirono subito per mano di Achille o dei suoi compagni.

Io incitavo a ribellarsi e riuscii (con gli spadaccini ) ad attaccare il fianco est dell’esercito Acheo respingendo parzialmente il nemico.

Per fortuna arrivò Ettore con i cavalieri (i greci erano scarsissimi in cavalleria) alcuni principi e soldati.

I soldati attaccarono i greci; Ettore incredibilmente invece cercò di scappare, aumentando lo scompiglio generale. Non so quale principe troiano (ma mi parve Sarpedonte) cercò di uccidere Achille ma morì nell’ intento. A questo punto chiamai con forza Ettore, e insieme attaccammo Achille. Io iniziai a menare fendenti a destra e a manca, come anche Ettore, ma la superiorità offensiva di Ettore si fece sentire, a me arrivò un fendete di Achille sull’anca (insolitamente il colpo mi sembrò meno forte del solito) e mentre cadevo scorsi Ettore che feriva a morte Achille, poi svenni. Dopo mi raccontarono che con la morte di Achille la battaglia la vincemmo, ma con grande delusione di molti quello che Ettore aveva ucciso non era Achille ma un ragazzo (molto abile con le armi, probabilmente era un mirmidone)che nessuno conosce.

Io sfuggi alla morte, e dimostrai ai miei superiori di essere stato in grado di respingere i greci un’altra volta. Purtroppo però nessuno mi ha visto combattere al fianco di Ettore (a parte Ettore ) che si prese tutto il merito, ma non mi lamento;il mio scopo l’ho raggiunto.

Edoardo



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...io amo la battaglia, proprio come amo la mia casa!

La battaglia volgeva a nostro favore, gli achei erano sfiancati e pronti alla ritirata… fino a che da dietro un colle, vidi arrivare una sagoma piuttosto imponente. No, non poteva essere… Achille in battaglia?

Cercai in tutti i modi di convincermi che quella sagoma non fosse il Piè Veloce, ma più si avvicinava più prendeva le sue somiglianze. Come poteva essere, non si era forse ritirato, per colpa dell’oltraggio fattogli da Agamennone? Eppure l’armatura era la stessa. Appena mi convinsi che quello era proprio il Pelìde chiamai a raccolta i miei soldati.

Cosa dovevo fare? La testa mi diceva di tornare immediatamente alla madre patria perché Achille avrebbe fatto strage di eroi, ma il cuore rigonfio di onore e coraggio mi diceva di combattere fino a che l’ultima goccia di sangue non fosse versata.

Nell’aria c’era ansia e preoccupazione, guardai in faccia i miei valorosi. Quella esprimeva terrore nel vedere il grande guerriero, ma guardai i loro occhi e vidi la voglia di combattere e di rendere onore alla loro terra.

Io sapevo che la cosa più ragionevole da fare era ritornare dalle mogli e nelle nostre case, ma sapevo altrettanto bene che non potevamo abbandonare i nostri compagni di viaggio.

Presi allora la parola e dissi: “Fedeli amici, e grandi combattenti, voi sapete che io amo la battaglia, proprio come amo la mia casa!

Il grande Achille è tornato tra le schiere, e siamo sicuri che farà grande strage!

Per questo, chi non se la sente di combattere, è libero di tornare a casa e abbandonare la pugna!

Credo però che questa sia una sfida affidataci dagli dei, ed è nostro compito accoglierla o respingerla… vogliamo essere ricordati nella storia come lo schieramento troiano che davanti al grande eroe acheo si ritirò e tornò alle navi, o forse come quello schieramento che davanti all’imponente acheo sfidò la sorte e gli puntò la lancia al petto?

A voi la scelta cari compagni, la battaglia ci attende!”

Mi rigirai verso il campo della pugna e cominciai a dirigermi verso di esso e sentii dietro di me il rumore dei sandali dei miei combattenti. Fiero di loro alzai il braccio e urlai: “All’attacco!”



Ludovica

 

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...or dunque guida i tuoi guerrieri come il cuore ti dice.

Mentre ci avvicinavamo al campo di battaglia io avvistai per primo una figura che mi fece sobbalzare il cuore. Aveva un andamento fiero e portava un’armatura lucente , la sua superbia non lasciava dubbi al riguardo: il Pelide aveva deposto la sua ira verso il comandante Agamennone ed era ritornato in battaglia. Anche i miei guerrieri Lici alla sua vista, si scambiarono sguardi pieni di paura, alcuni proposero la ritirata, altri incitarono al proseguo. Mi si affiancò il mio comandante in seconda che raccolte le opinioni dell’esercito licio, mi disse : “Capitano dei Lici Sarpedonte, figlio di Giove e Leodamia, cugino di Glauco, alleato con i troiani; tra i tuoi guerrieri serpeggia la paura dello scontro con il Pelide e i suoi Mirmidoni, ma altri sono ansiosi di mostrare a lui la loro forza e nobiltà nella pugna, or dunque guida i tuoi guerrieri come il cuore ti dice, tanto il dio Giove sa già la nostra sorte”. Io allora aspettai un attimo, salii su un masso vicino e poi presi la parola: “ Guerrieri della Licia, oggi, come avete visto, è ritornato in battaglia Pié Veloce insieme ai suoi Mirmidoni, so che nei vostri cuor desiderate la ritirata per fuggire dalla morte, ma oggi non è il tempo della resa, se mi affiancherete nella battaglia contro Achille e morirete, lo farete con onore, passerete alla storia come coloro che hanno lottato contro il figlio di Teti da eroi. Molto abbiamo sofferto in questi anni, e molto ancora soffriremo. Molti di voi periranno sulle spade achee prima che il sole tramonti… questo è vero! Ma prima che ognuno di noi giunga alle sponde dello Stige, molto di onorevole può ancora essere fatto. Venite dunque amici miei, fratelli nelle armi, compagni nel destino! Possiamo essere sfibrati dal tempo e dalla sorte, ma siamo forti e uniti nella volontà di combattere, unitevi a me verso la battaglia e la pugna, siate per me il mio braccio nel combattimento, onorate la vostra patria e dimostrate di cosa siete capaci e del vostro onore, qualunque sia il volere di Zeus nostro dio! Non saremo noi oggi a mordere la polvere”. Il discorso riuscì a convincere tutti i soldati tranne qulacuno che nello scompiglio della battaglia scomparì in una nube di terra. Così insieme incominciammo la corsa verso i Mirmidoni, in un istante l’aria si riempì del fragore di mille piedi, sentimmo le frecce troiane passare sopra le nostre teste e andare a colpire il nemico, e finalmente lo scontro più temuto, nel campo ci fu un silenzio mai sentito prima d’ora; poi il putiferio.

Michela

 

Michela

 

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