ASSASSINIO IN NAVE

 

Era il 7 Novembre del 1924 quando mi trovai di fronte al portone della nave che partì dal porto di Istanbul e arrivò a Bari. Sono un cittadino americano e mi stavo dirigendo in Italia per motivi di lavoro. La gente mi ha sempre giudicato come una persona particolare dalla personalità folle. Di fatto io sono solo curioso, quando passo per le strade di New York appaio alla gente come una persona distratta a quello che accade intorno, in realtà io mi accorgo di tutto anche delle cose più impensabili di una persona, ma tutto questo fa parte delle caratteristiche che un investigatore deve avere. Mi chiamo James Armstrong e sono l’ osservatore e l’ indagatore più famoso in America. Sono alto, magro e con gli occhi neri. Ho i capelli scuri e la mia carnagione è di color olivastro. Ho una grossa cicatrice sul braccio destro a causa di una disgrazia che mi era successa durante uno dei numerosi viaggi per mare. Erano le sei del mattino quando partii dal porto di Istanbul, la nebbia dominava su tutto il paesaggio e offuscava la vista. La nave non era grande come quelle che avevo preso in passato al contrario era piccola e ospitava pochi passeggeri. Alle otto tutte le persone erano già sulla nave e nelle proprie cabine. All’ ora di pranzo mi sedetti vicino a una mia vecchia conoscenza il signor Bower, titolare di una famosa azienda in spagna. Dopo due tavoli erano seduti due signori marito e moglie, entrambi portavano la fede al dito. Vicino alla vetrata il signor Andrew Alther, un ragazzo giovane che stava fumando una pipa mentre leggeva il giornale. Spostata dopo un tavolo alla mia destra c’ era una signora anziana che il secondo giorno conobbi si chiamava Meri Falther, era una donna benestante cordiale e intelligente ed era la mia vicina di cabina, presi confidenza con lei e mi confessò che aveva un tumore al polmone causato dal suo vizio di fumare e stava andando in Italia per curarlo perché era benigno. Seduto al bancone del ristorante c’ era il signor Smith impegnato a sorseggiare un bicchiere di whisky abbracciato con forza dalla sua mano. Finito il pranzo, verso le tredici mi stavo dirigendo presso la mia cabina quando i due ragazzi, marito e moglie mi fermarono e incominciammo a chiacchierare a lungo fino le quattordici e trenta. Erano due ragazzi molto gentili e colti. Lei era una donna un’ po’ riservata ed era molto più giovane di suo marito, si chiamava Rosie Jonhson ed era una delle più brave stiliste americane. Suo marito si chiamava William Wilson, al contrario di sua moglie era molto estroverso, era dottore. Queste persone erano tutte sullo stesso piano della mia cabina. In pochi giorni li conobbi tutti, ognuno di essi aveva una sua caratteristica. Il terzo giorno ci fermammo al porto di Pireo perché la nebbia era troppo fitta e non si riusciva ad andare avanti. Per circa quattro giorni restammo lì e noi se volevamo potevamo esplorare la città di Atene e altre città vicino. Erano le dieci del mattino e al momento dello sbarco dei passeggeri mancava all’ appello una persona, era la signora Falther. Andammo a vedere se era rimasta in sala o se era all’ ingresso, controllammo il salotto ma nessuno la trovò. L’ unica speranza era guardare nella sua cabina, la numero dodici. Bussai la prima volta e non mi rispose, bussai la terza, la quarta e alla undicesima volta decidemmo di sfondare la porta. La trovammo inerte sul proprio letto, priva di sensi. Il signor Wilson dato che era dottore le prese il polso per sentire i battiti. Dopo circa venti secondi voltò la testa a tutti i presenti e disse <E’ morta!>. Tutti si guardarono in faccia, poi si vide il viso del dottore assumere una espressione strana, si girò di colpo e disse tutto d’ un fiato <E’ stata uccisa!>. Wilson disse a tutti che l’ arma del delitto era un coltello e che era stata pugnalata sulla schiena tre volte. Si capiva in quel momento che tutti i passeggeri avevano il terrore negli occhi, come se fianco a loro avessero un pericoloso assassino malintenzionato. A questo punto io e il signor Bower restammo soli nella stanza insieme al cadavere. Perquisimmo la cabina da cima a fondo e ci accorgemmo di una cosa, sul pavimento c’ erano residui di cenere come se qualcuno avesse fumato in quella stanza. Ci guardammo in faccia e capimmo che c’ era qual cosa che non andava, io mi ricordai le parole della signora Falther, lei non poteva fumare aveva un tumore al polmone benigno ma anche se era curabile lei non poteva fumare. Poco dopo andai in una sala dove il comandante mi propose di risolvere questo caso, io accettai mi sentivo pronto per affrontare questa sfida. La nave era ancora ferma e stava nevicando, il comandante Jason Brown mi accompagnò in un’ altra sala dove incominciai a fare le deposizioni, insieme al signor Bower che mi accompagnò nell’ indagine. Per primo interrogai gli uomini e in seguito le donne e il primo fu il signor Alther. Entrò dalla porta con un aria importante come se tutto quello che doveva dire lo avesse già detto. Si sedette e con un imponente gesto appoggiò il gomito al bracciolo della sedia mentre stava fumando una sigaretta. <Buon giorno, come posso aiutarvi?> disse. <Devo interrogare tutti i passeggeri e come lei sa, ne fa parte> dissi. <Benissimo mi chieda tutto quello che desidera sapere>. <Come prima cosa le chiederò la carta d’ identità per sapere i suoi dati>. Lui mi porse il documento, lo osservai attentamente e notai una macchia di olio sul passaporto ma non ci feci caso quindi cominciai a fargli delle domande. <Lei dov’ era prima delle dieci, quando la nave si è fermata a Pireo?>. Lui mi rispose subito senza interruzioni o balbettamenti, mi disse <Ero nella mia camera a leggere il mio libro poi al momento dello sbarco sono uscito dalla cabina e mi sono avviato verso l’ uscita>.<C’è qualcuno che può testimoniarlo?> dissi. <Si la mia coscienza> rispondendomi cos’ capii subito che era un ragazzo sicuro di se e orgoglioso. <A parte la sua coscienza?> dissi, <Nessuno signore> mi rispose. <Va bene, lei fuma sigarette?> le chiesi e lui mi rispose <Come può ben vedere sì>. Lo lasciai subito andare perché capii che lui non centrava niente, era troppo orgoglioso. Per secondo interrogai il signor Smith, quasi sempre lui era ubriaco, non sapeva mai cosa risponderti quindi lo lasciai perdere. L’ ultimo degli uomini ad essere interrogato fu il signor Wilson. Entrò in sala con un grande sorriso, era molto gentile e sempre allegro. Si sedette con la sua aria da buffone e incominciai a interrogarlo. <Buon giorno signor Wilson, si starà chiedendo come mai sta per essere interrogato, giusto?> lui mi fece un cenno con la testa e io continuai <Devo interrogare tutti i passeggeri non si preoccupi è normale che io sia sicuro di tutto quello che sta succedendo. Per prima cosa le chiedo gentilmente di pormi un suo documento>. Lui sempre senza dire una parola me lo porse, vidi che era tutto a posto allora incomincia a fargli delle domande <Dov’ era lei prima delle dieci?> gli chiesi. <Ero al bar, stavo assaggiando un vino offertomi dal cameriere>. <Quindi il cameriere lo può testimoniare?> chiesi <Ma certo vada pure a chiederglielo> e io dissi che non ce n’era bisogno. <E per quanto riguarda sua moglie?> gli chiesi. <Le posso assicurare che lei non centra niente, l’ ho vista in camera che non stava bene e c’ è stata tutto il tempo>. <Quindi secondo lei non dovrei interrogarla>. <Non è necessario> disse. <Io la devo interrogare come tutti, non sarebbe giusto>, <Questo è il suo lavoro io non le impedisco niente> Si allontanò dal tavolino su cui eravamo accomodati e uscì dalla porta. Gli uomini erano finiti ora toccava alle donne per meglio dire alla donna, l’ unica ragazza era Rosie. Entrò dalla porta pallida e si accomodò sulla sedia. <Buon giorno, si sente bene?> le domandai <No sono malata, ma come tutti devo essere interrogata anche io> mi porse la carta d’ identità, la guardai e incominciai a fare l’ unica domanda a cui poteva rispondere, dato che si sapeva che era malata <Lei fuma sigarette?>. Lei mi rispose sconcertata < Non riesco a capire a cosa serve domandare questo comunque no>. Finito l’ interrogatorio ci dirigemmo presso la camera della signora Falther a osservare di nuovo la stanza per cogliere qualche particolare che magari nella prima ispezione non avessimo colto. Non c’ era niente di particolare, ritornammo nella sala e riosservai il passaporto macchiato, cercai di grattare via la macchia di olio e una sorpresa tremenda mi fece saltare sulla sedia e rabbrividire. Sotto la macchia d’ olio c’ era scritta la lettera f quindi il suo vero cognome era Falther non Alther. Il signor Bower osservo stupito e mi disse balbettando <Allora la signora Falther e Andrew sono parenti>. Richiamammo subito in sala il signor Andrew per chiarire questa situazione, entrò quasi infastidito di esser stato richiamato la seconda volta e si accomodò. <L’ abbiamo richiamata perché c’ è una cosa che dobbiamo chiarire>. <Vale a dire?> disse. <Lei non ha mai incontrato prima d’ ora la signora Falther?> le chiesi. Lui arrossi in pieno, stava tremando e alla fine disse <Si, è mia zia>. Il signor Bower e io ci guardammo stupiti. Poi io continuai < In effetti abbiamo trovato questa macchia di olio sul suo documento, abbiamo cercato di toglierla e abbiamo trovato una f, che unendola al suo cognome diventa Falther non Alther, come mai nella prima interrogazione non ci avete informato di questo fatto?> chiesi <Vedete io e mia zia non andavamo d’ accordo quindi se l’ avessi detto mi avreste incolpato subito, ma non è così non uccido mia zia solo perché non vado d’ accordo con lei, ve lo giuro>. <Per adesso può andare ma sappia che i nostri occhi saranno sempre puntati su di lei>. Dopo circa mezz’ ora di ragionamento con il signor Bower andai sul pontile a prendere un po’ d’ aria. Qui incontrai la signorina Rosie che stava fumando una sigaretta. La osservai bene poi le chiesi <Ma lei non mi aveva detto che non fumava sigarette?> lei diventò pallida in viso più di quello che era già poi mi disse un po’ sconcertata <Me ne concedo una ogni tanto>. Poi guardai le sue tasche in una aveva un pacchetto vuoto di sigarette e nell’ altra uno pieno a metà. <Io non penso che una persona si tenga i pacchetti finiti nelle tasche, mi sa che lei le ha fumate tutte adesso queste sigarette o comunque nel giro della mattinata. Quella sera ero stanco e andai a letto presto nella mia cabina. Circa all’ una di notte mi svegliai di soprassalto come se qualcosa avesse attirato la mia attenzione, sentii la voce della signorina Rosie che parlava con Andrew, sentii solo alcune parole che stavano dicendo ed erano “basta tra noi è finita non continuare, poi non urlare qualcuno ci può sentire” , mi sedetti sul letto e pensai “tra noi è finita?” Quindi Andrew e Rosie stavano insieme. Quando non sentii più voci uscii dalla porta e mi diressi dal signor Bower, bussai, sentii un rumore come se qualcuno fosse caduto dal letto, feci un sorrisetto ma quando mi venne ad aprire lo feci sparire. Entrai subito di corsa e gli dissi <Stavo dormendo quando improvvisamente mi sono svegliato perché ho sentito delle voci, erano della signorina Rosie e Andrew e dicevano “ smettila tra noi è finita” stavano insieme hai capito, stavano insieme>. Lui mi rispose <Si, si ne riparleremo domani> e si butto sul letto addormentandosi prima che io potessi chiudere la porta. Il mattino seguente finalmente la nave ripartì, andai in sala per fare colazione quando il comandante della nave corse in sala con un coltello pieno di sangue che colava sulle sue mani, continuava a urlare, io corsi subito da lui e finalmente l’ arma del delitto venne alla luce. Su di essa non c’ erano ne impronte, ne segni particolari solo del sangue che colava. Durante colazione il signor Bower si sedette al mio tavolo, discutemmo a lungo sulla faccenda della signorina Rosie. Mi chiesi se il fatto che Andrew era il nipote di Mari e che Andrew e Rosie stavano insieme fosse collegato poi ci arrivai. Chiamammo tutti nella sala e incominciai il discorso <Buon giorno a tutti, stamattina vi ho riuniti qui per porvi la mia teoria su chi secondo me è il colpevole di tutta questa faccenda. Come prima cosa voglio dirvi che quando io e il signor Bower siamo andati a ispezionare la stanza della signora Falther abbiamo trovato della cenere sul pavimento ecco perché a ognuno di voi abbiamo fatto la domanda se fumavate sigarette. Poi in seguito abbiamo scoperto che il signor Andrew era il nipote di Marie. Poi per ultima cosa questa notte ho sentito che Rosie e Andrew discutevano e ho sentito le parole “è finita tra noi”> Andrew e Rosie si guardarono stupiti, poi continuai <Sentendo queste parole ho capito che voi in passato stavate insieme ma voi direte cosa centra con l’ assassinio della signora Marie e io vi rispondo centra perché quando Andrew mi ha detto “io e mia zia non andavamo molto d’ accordo” ho capito che non andavano molto d’ accordo perché la signora Falther sapeva che Andrew e Rosie stavano insieme e voleva dirlo al marito di Rosie mentre loro due non volevano farlo sapere. Quindi concludo dicendo che tu Andrew non eri in camera a leggere prima delle dieci e tu Rosie ti sei finta malata ma quando tuo marito è andato al bar tu sei scappata fuori dalla cabina e insieme siete andati nella camera della povera signora Falther, questo è tutto>. A questo punto Rosie si gettò sulle gambe di suo marito per implorarlo di perdonarla. Lui non ne voleva sapere, poco dopo arrivò il motoscafo della polizia e vennero portati in carcere. La nave attraccò a Bari dopo un giorno, salutai il signor Bower e gli avrei promesso che ci saremmo rincontrati e ognuno andò per la sua strada.

 

GIORGIA

Scrivi commento

Commenti: 0